Adriano Sofri (Trieste, 1º agosto 1942) è uno scrittore, opinionista e attivista italiano, ex leader di Lotta Continua, condannato a ventidue anni di carcere – dopo un lungo iter giudiziario – quale mandante, assieme a Giorgio Pietrostefani, dell'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi, avvenuto nel 1972, mentre come esecutori materiali furono condannati i due militanti di Lotta Continua Leonardo Marino e Ovidio Bompressi.[1]
Arrestato nel 1988 e poco dopo rinviato a giudizio, fu condannato e incarcerato per il reato di concorso morale in omicidio, dapprima nel 1990 e poi in via definitiva nel gennaio 1997 (con l'eccezione di circa 6 mesi tra il 1999 e il 2000 a causa della revisione del processo). Scontò la pena dal 2005 in regime di semilibertà e dal 2006 di detenzione domiciliare, a causa di problemi di salute, venendo scarcerato nel gennaio 2012 per decorrenza della pena, che era stata ridotta a 15 anni per effetto dei benefici di legge.
Pur assumendosi la corresponsabilità morale dell'omicidio,[2] a causa della campagna di stampa diretta contro il commissario portata avanti assieme agli altri membri di Lotta Continua, Sofri si è sempre proclamato innocente per quanto riguarda l'accusa penale, così come affermato anche dai coimputati, a eccezione di Marino, reo confesso.[2][3] Un ampio movimento innocentista ha sostenuto negli anni l'estraneità di Sofri al delitto, ricordando le contraddizioni di Marino, in particolare il fatto che Sofri avrebbe ordinato il crimine solo concedendo una sorta di "silenzio-assenso" dagli innocentisti ritenuto non verificabile.[4][5]
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