Alberto Fujimori | |
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Alberto Fujimori nel 1991 | |
Presidente del Perù | |
Durata mandato | 28 luglio 1990 – 22 novembre 2000 |
Vice presidente | Máximo San Román (1990-1992) Jaime Yoshiyama Tanaka (1993–95) Ricardo Márquez (1995–2000) Francisco Tudela (2000) |
Capo del governo | Juan Carlos Hurtado Miller Carlos Torres y Torres Lara Alfonso de los Heros Óscar de la Puente Raygada Alfonso Bustamante Efraín Goldenberg Dante Córdova Alberto Pandolfi Javier Valle Riestra Víctor Joy Way Alberto Bustamante Belaúnde Federico Salas-Guevara |
Predecessore | Alan García Pérez |
Successore | Valentín Paniagua |
Dati generali | |
Partito politico | Cambio 90 (1990-1998) Perù 2000 (1999-2005) Sí Cumple (2006-2011) Nuovo Partito Popolare (2007-2013) Forza Popolare (2024-2024) |
Professione | professore universitario |
Firma |
Alberto Kenya Fujimori Inomoto[1][2] (Lima, 28 luglio 1938 – Lima, 11 settembre 2024[3][4]) è stato un politico peruviano, presidente e poi, in seguito a un autogolpe, dittatore[5] del Perù dal 28 luglio 1990 al 17 novembre 2000. Fu condannato per crimini contro l'umanità tra cui la sterilizzazione forzata di centinaia di migliaia di donne indigene e l'essere stato il mandante di uccisioni extragiudiziali avvenute per mano dell'esercito durante il conflitto interno peruviano.[6][7]
Fujimori, ingegnere agrario all'epoca della sua ascesa politica quasi sconosciuto, giunse al potere come candidato "centrista" indipendente sconfiggendo nel ballottaggio elettorale il candidato neoliberista, lo scrittore Mario Vargas Llosa. Fujimori vinse il confronto in un momento delicato per il Perù, in seguito alla crisi economica aggravatasi durante il governo del socialdemocratico aprista Alan García Pérez, che portò ad un'iperinflazione e al rischio di fallimento. Il suo governo, a sorpresa, fu economicamente liberista e neoliberista, dovendo adottare una politica di forte austerità denominata "fujishock" per ottenere aiuti internazionali e la ripartenza dell'economia, e si contraddistinse per lo stile politico autoritario,[8] specialmente dopo l'autogolpe del 1992; con esso furono cancellate le libertà democratiche. Il colpo di Stato incruento fu perpetrato come risposta ad un golpe fallito di una parte ribelle dei militari; i militari sfavorevoli a Fujimori si erano sollevati in seguito alla forzatura costituzionale con cui il presidente aveva alcuni mesi prima esautorato il Parlamento aprista e la magistratura, supportato da buona parte delle forze armate.[9]
Fujimori sarà poi accusato e condannato, con prove, per la violazione dei diritti umani perpetrata con il commissionamento di omicidi, rapimenti, sterilizzazioni forzate, violenze e torture, specialmente durante la guerra civile contro il gruppo terrorista e guerrigliero Sendero Luminoso, di ispirazione marxista-leninista e maoista, e altri movimenti affini. In particolare fu accusato di crimini il Grupo Colina, un distaccamento dell'esercito peruviano formato dallo stesso governo Fujimori per combattere il gruppo terrorista, ma che uccise circa 60 persone, tra cui minorenni (come nel Massacro di Barrios Altos) e semplici oppositori politici. Egli ha negato questi addebiti, asserendo di aver posto un argine ad una guerra che durava da decenni con migliaia di morti, circa 69.000. I principali leader catturati di Sendero Luminoso sono stati anch'essi in seguito condannati, anche dopo la restaurazione della democrazia, a lunghe pene detentive ed ergastoli per omicidi, atti terroristici, sequestri, torture, schiavitù[10].
Durante gli ultimi mesi del suo terzo mandato, il governo fu travolto da una serie di scandali che videro accusati di corruzione personaggi di primo piano. In seguito a tali fatti, Fujimori fu costretto a dimettersi e decise di fuggire ed autoesiliarsi nel suo Paese di origine, il Giappone, che ne rifiutò l'estradizione. Gli succedette Valentín Paniagua. Le sue candidature successive sono state invalidate per via giudiziale, e in seguito fu arrestato (2005) ed estradato mentre compiva una visita in Cile; il 7 aprile 2009 venne condannato a 25 anni[11] di reclusione per 25 omicidi compiuti dai paramilitari legati ai servizi segreti durante il suo governo, divenuti 32 anni dopo la condanna per corruzione e uso di fondi pubblici a fini illeciti.
Nel 2017 Fujimori è stato scarcerato con la grazia presidenziale e un indulto parziale dopo 12 anni di prigione, per motivi umanitari, essendo gravemente malato, ma dal 2018 è nuovamente sotto processo per una strage in cui morirono 6 persone. Dall'ottobre 2018, dopo l'annullamento della grazia, fu messo brevemente in stato di detenzione domiciliare per finire di scontare la pena, ma dopo pochi mesi (gennaio 2019) è stato arrestato in custodia cautelare, in attesa di sentenza, e dal 2020 al 2024 è stato recluso in carcere per i residui 13 anni, intervallando con brevi periodi di ricovero ospedaliero, fino alla sua morte nel 2024. Nel 2022 ha ricevuto un'amnistia e nel dicembre del 2023 è stato scarcerato a seguito di una decisione della Corte Costituzionale Peruviana, che ha approvato una risoluzione favorevole al suo rilascio nonostante le proteste da parte della ICHR.
La figlia Keiko Fujimori ha tentato tre volte l'elezione presidenziale, con un partito fujimorista e populista di destra da lei fondato, Forza Popolare, che ha avuto numerose volte la maggioranza politica in Parlamento, ma venendo sempre sconfitta alle presidenziali. Anche il figlio Kenji Fujimori è un politico.
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