Americanismo è un termine coniato nel diciannovesimo secolo nell'uso cattolico romano ed è riferito a un gruppo di eresie correlate, che furono definite come l'approvazione della separazione tra Chiesa e Stato. Gli ecclesiastici conservatori europei pensavano che loro rivelassero quei segni del modernismo o del liberalismo che Papa Pio IX aveva condannato nell'Elenco degli Errori del 1864. Temevano che queste dottrine fossero mantenute e insegnate da molti membri della gerarchia cattolica negli Stati Uniti d'America negli anni 1890. I responsabili cattolici negli Stati Uniti, tuttavia, negarono di aderire a queste dottrine.[1]
L'eresia americanista è caratterizzata come un'insistenza sull'iniziativa individuale che il Vaticano giudicava essere incompatibile con quello che era considerato un principio del cattolicesimo: obbedienza all'autorità. Inoltre, i conservatori erano anti-repubblicani che diffidavano e disapprovavano le idee democratiche che erano dominanti in America.[2]
Papa Leone XIII scrisse contro queste idee nella sua enciclica Testem Benevolentiae Nostrae al Cardinale James Gibbson. Nel 1898, Leone XIII si lamentò di un'America dove la chiesa e lo stato sono "distaccati e divorziati" e scrisse della sua preferenza per una più stretta relazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato nel solco delle linee europee.
Il risultato a lungo termine fu che i cattolici irlandesi, che controllavano largamente, e in maniera crescente, la Chiesa cattolica negli Stati Uniti, dimostrarono la loro totale lealtà al Papa e le tracce del pensiero liberale nelle università cattoliche furono soppresse. In fondo fu un conflitto culturale, quando gli europei conservatori, irritati per i pesanti attacchi alla Chiesa cattolica in Germania, Francia e altri paesi, non apprezzarono l'individualismo attivo, la fiducia in sé stessi e l'ottimismo della chiesa americana.[3]