In biologia molecolare, un amplicone è un frammento di DNA o RNA che è la fonte e/o il prodotto di reazioni di amplificazione o di replicazione. Un amplicone può essere sintetizzato artificialmente, utilizzando vari metodi tra i quali le reazioni a catena della polimerasi (PCR), le reazioni a catena della ligasi (LCR) oppure sintetizzato naturalmente attraverso la replicazione genica. In questo contesto, l'amplificazione si riferisce alla produzione di una o più copie di un frammento genetico o sequenza bersaglio, in particolare l'amplicone. Poiché si riferisce al prodotto di una reazione di amplificazione, l'amplicone è usato in modo intercambiabile con termini di laboratorio comuni, come "prodotto di PCR" o "sequenza target".
L'amplificazione artificiale è utilizzata nella ricerca,[1] nelle scienze forensi,[2] in medicina,[1] per scopi che includono il rilevamento e la quantificazione di agenti infettivi,[3] l'identificazione di resti umani,[4] e l'estrazione di materiale genetico da capelli o peli umani.[2]
La duplicazione genica naturale gioca un ruolo importante nell'evoluzione. È implicata anche in diverse forme di cancro umano tra cui il linfoma primitivo delle cellule B del mediastino e il linfoma di Hodgkin.[5] In questo contesto il termine amplicone può riferirsi sia a una sezione di DNA cromosomico che è stata asportata, amplificata e reinserita altrove nel genoma, sia a un frammento di DNA extracromosomiale noto come double minute, ciascuno dei quali può essere composto da uno o più geni. L'amplificazione dei geni codificati da questi ampliconi generalmente aumenta la trascrizione di quei geni e, di conseguenza, il volume delle proteine per le quali codificano.[6]