L'antieroe[1], anche detto antipersonaggio, è un personaggio protagonista in una storia che può mancare di alcune qualità tipiche dell'eroe tradizionale,[2][3] come l'idealismo,[4] il coraggio[4] e la moralità.[5][6][7] Tipicamente, è un personaggio ribelle o tormentato con tratti chiaramente negativi e che usa spesso metodi discutibili, ma non deve essere confuso con un cattivo,[8][9][10] poiché non arriva veramente alla malvagità o ha abbastanza qualità eroiche da conquistare la simpatia del pubblico.
Sebbene gli antieroi a volte possano compiere azioni che la maggior parte del pubblico considera moralmente corrette, le loro ragioni per farlo potrebbero non essere in linea con la moralità del pubblico. Un antieroe mostra spesso uno dei tratti della personalità della "triade oscura", come narcisismo, psicopatia e machiavellismo.
Mentre i classici eroi si battono per un ideale di giustizia, gli antieroi agiscono spesso come imbroglioni o vendicatori solitari e delusi che usano mezzi illegali, anche se capiscono che le loro azioni sono sbagliate, per ottenere la giustizia richiesta dalla società:[11] tanto che Robbe-Grillet parla di "questi eroi senza naturalezza e senza identità".[12]
Lontano dall’esserne l’opposto, l’antieroe rimane in fondo un eroe che, per qualche motivo, non dovrebbe esserlo: il mondo dove si trova, il suo stesso essere, le azioni che deve compiere non lo permettono. Il modello “eroico” deve rimanere presente “nell´assenza.”[13][10]
L’antieroe è sempre una figura paradossale,[13] perché, al contrario del (super)eroe o del cattivo che, nel loro scontro, offrono visioni del mondo conciliatorie che riaffermano la nostra (l´uno in positivo, e l´altro in negativo ma svolgendo la stessa funzione), l’antieroe invece la mette in dubbio, evidenziandone le aporie e le contraddizioni.[10][14] Si presenta come modello eroico ma scandaloso e inaccettabile, seppure seducente.
Il termine è talvolta usato in senso più ampio per comprendere l'eroe imperfetto o parzialmente cattivo, nella tradizione letteraria dell'eroe byroniano.[15][16][17]
L'antieroe è perlopiù inteso dall'autore come oggetto della simpatia e dell'immedesimazione del pubblico, poiché, nonostante sia solitamente portatore di tratti negativi e quindi possa assumere il ruolo di personaggio cattivo, non è mai realmente o completamente malvagio, ma si è opposto al bene per altre ragioni, mascherando una personalità originariamente positiva. Dunque l'antieroe, anche quando riveste il ruolo di antagonista, si distingue dal cattivo che si oppone al protagonista nella vicenda per scopi puramente malvagi. Può anche ricoprire un ruolo meno importante e quindi secondario, ad esempio nelle figure di Tersite e Dolone nell'Iliade.