L'Apophthegmata Patrum (lett. Detti dei Padri)[1] (in latino Apophthegmata Patrum Aegyptiorum, in greco ἀποφθέγματα τῶν ἁγίων γερόντων, ἀποφθέγματα τῶν πατέρων, τὸ γεροντικόν?)[2] è il nome dato a diverse collezioni note come Detti dei Padri del Deserto, contenenti storie e detti atribuiti ai Padri e alle Madri del deserto, risalenti approssimativamente al V secolo d.C..[3][4]
Questi scritti contengono storie di saggezza che descrivono le pratiche spirituali e le esperienze dei primi eremiti che vivevano nel deserto egiziano. Di solito sono scritti in forma di dialogo tra un giovane monaco e il suo padre spirituale, o come consigli dati ai visitatori. Nati come una tradizione orale in lingua copta, vennero solo successivamente trascritti in greco. Le storie erano molto famose tra i primi monaci cristiani, e apparivano in diverse forme e collezioni.[5]
I detti originali vennero tramandati da monaco a monaco, sebbene nella versione attuale si trovino nella forma "Abba X ha detto..." I primi Padri e le prime Madri ricevevano molti visitatori in cerca di consigli, di solito chiedendo "Dimmi una cosa, abba" o "Dimmi una cosa, amma, come posso essere salvato?" Alcuni detti sono risposte a tali richieste.[6]
Molti Padri del deserto sono menzionati nelle collezioni, tra cui Antonio abate, Arsenio il Grande, Poemen, Macario il Grande e Mosè l'Etiope.[7] I detti includono anche quelli di diverse amma, o Madri del deserto, tra cui spicca Santa Sincletica.[6] I Detti dei Padri del deserto hanno influenzato molti teologi famosi, come San Girolamo e Sant'Agostino.[8]