Col nome di Basilius Valentinus (spesso italianizzato in Basilio Valentino), presentato come un monaco benedettino del XV secolo, apparve, all'inizio del XVII secolo, una serie di trattati di alchimia che ebbe grande diffusione e successo. È stata però avanzata la forte ipotesi che a scriverli sia stato il loro stesso editore, Johann Thölde (ca. 1565-1614).[1] La stessa leggenda della scoperta fortuita dei manoscritti originali, che sarebbero scaturiti dall'interno di una colonna dell'Abbazia di Erfurt, colpita da un fulmine e poi ricompostasi per incanto, appare chiaramente un racconto miracolistico.[2] Anche l'esistenza storica del monaco è spesso messa in dubbio.[3]
^Questa tesi è sostenuta in particolare dallo storico della chimica tedesco Hermann Kopp (1817-1892) nel suo libro Die Alchemie in älterer und neuerer Zeit, Heidelberg 1886 (pp. 29-32)
^Riporta Charles Mackay nel suo libro Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds, London 1841 (pp. 25-26): gli alchimisti affermano che i lavori di Basilius sono tornati alla luce, per intervento Divino, quando la colonna nella quale erano nascosti è stata distrutta da un fulmine, ma appena i manoscritti sono stati recuperati la colonna è miracolosamente tornata sana.
^Il grande Leibniz nel suo Oedipus Chymicus in Miscellanea Berolinensia ad incrementum scientiarum, Berlin 1710 (pp. 16-22), sostiene che Basilius Valentinus non è un personaggio storico.