Be-bop | |
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Howard McGhee, Brick Fleagle e Miles Davis, settembre 1947 | |
Origini stilistiche | Swing, Jazz |
Origini culturali | Reazione nei confronti dei rigidi arrangiamenti e delle melodie delle big bands |
Strumenti tipici | tromba, sax tenore o sax contralto, trombone, pianoforte, contrabbasso, batteria |
Popolarità | seconda metà degli anni quaranta |
Sottogeneri | |
Hard bop | |
Generi derivati | |
Rock and roll | |
Generi correlati | |
Jazz, Cool Jazz, Free Jazz |
Il be-bop, anche riportato con la grafia bebop e spesso abbreviato bop, talvolta conosciuto come progressive jazz,[1] è uno stile del jazz che si sviluppò soprattutto a New York negli anni quaranta. Caratterizzato da tempi molto veloci e da elaborazioni armoniche innovative, il bebop nacque in contrapposizione agli stili jazz utilizzati dalle formazioni coeve. Nei suoi primi anni di vita la parola "be-bop" indicò, oltre allo stile musicale anche lo stile di vita e l'atteggiamento ribelle di coloro (che erano in maggioranza giovani) che si indicavano come "bopper". Anche per questo motivo il bebop divenne popolare tra i letterati che si riconoscevano nella cosiddetta Beat Generation e fu citato in alcune delle loro opere più famose (ad esempio nella poesia Urlo di Allen Ginsberg). Nel corso dei 15 anni successivi, il bebop e le sue ramificazioni si evolsero fino a diventare il principale idioma del jazz. Ancora nel primo decennio del XXI secolo, lo stile jazzistico indicato come "mainstream" si rifà essenzialmente alle elaborazioni stilistiche del bebop.
Il termine be-bop (che nei primi tempi veniva spesso usato anche nella forma rebop) nacque da un’onomatopea che voleva simboleggiare la brevissima frase di due note usata in alcuni casi come segnale per chiudere un lungo brano. Uno dei primi a utilizzarlo fu Dizzy Gillespie, tra i capostipiti di questa deriva jazz, che intitolò così una delle sue composizioni più note.