Brigate Osoppo

Brigate Osoppo-Friuli
Descrizione generale
Attiva24 dicembre 1943 - maggio 1945
NazioneItalia (bandiera) Italia
TipoBrigate partigiane
Motto(FUR) Pai nestris fogolârs
(Per i nostri focolari)
Comandanti
Degni di notaCandido Grassi "Verdi"
Manlio Cencig "Mario"
Ascanio De Luca "Aurelio"
Francesco De Gregori "Bolla"
Aldo Bricco "Centina"
Simboli
Simbolofazzoletto verde
cappello alpino
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Le Brigate Osoppo-Friuli furono formazioni partigiane autonome fondate presso la sede del Seminario Arcivescovile di Udine il 24 dicembre 1943[1][2] su iniziativa di volontari di ispirazione laica, socialista e cattolica, gruppi già attivi dopo l'8 settembre nella Carnia e nel Friuli. Il nome di Osoppo venne dato alla brigata come ricordo e collegamento simbolico con la storia risorgimentale della regione, che vide nel 1848 la città di Osoppo resistere in una impari lotta, per sette mesi, all'assedio delle truppe austriache[3].

I fini della Osoppo erano cooperare in autonomia con le formazioni garibaldine comuniste e contribuire alla lotta antifascista contro le forze occupanti tedesche. Queste ultime avevano infatti istituito la Operationszone Adriatisches Küstenland, sottraendo di fatto l'intero territorio del Friuli-Venezia Giulia all'autorità della Repubblica Sociale Italiana ed instaurando un rigido regime di repressione e spoliazione, avvalendosi della partecipazione di reparti di SS etniche, di cosacchi e di forze repubblicane fasciste[4].

Tale raggruppamento autonomo ebbe al comando: Candido Grassi (nome di battaglia "Verdi"), Manlio Cencig (nome di battaglia "Mario"), due capitani del Regio Esercito Italiano e don Ascanio De Luca (già cappellano degli Alpini in Montenegro e in quel momento parroco a Colugna, frazione di Tavagnacco). A causa della complessa situazione politico-militare presente nel territorio friulano e della Venezia Giulia, al centro di opposti nazionalismi e di secolari rivalità etnico-territoriali, le formazioni della Osoppo ebbero rapporti spesso conflittuali con i reparti garibaldini comunisti e furono in contrasto con le forze partigiane sloveno-jugoslave[5].

  1. ^ Enzo Colotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della resistenza, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000.
  2. ^ Roberto Battaglia, La storia della Resistenza Italiana, Giulio Einaudi Editore, 1964.
  3. ^ Fulvio Salimbeni, La fortezza che fermò le giubbe bianche, Corriere della Sera 4 settembre 2010
  4. ^ G.Bocca, Storia dell'Italia partigiana, pp. 374-375.
  5. ^ G.Bocca, Storia dell'Italia partigiana, pp. 468-469.

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