Bruno Contrada | |
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Contrada negli anni settanta | |
Nascita | Napoli, 2 settembre 1931 |
Dati militari | |
Paese servito | Italia |
Corpo | Polizia di Stato SISDE |
Unità | Squadra mobile Interpol |
Anni di servizio | 1962-1992 |
Grado | Dirigente Generale di P.S. - 1982 (Polizia di Stato)
Direttore 1982 - 1992 (SISDE) |
Comandante di | SISDE Squadra mobile Alto Commissariato per la lotta alla mafia |
Decorazioni | 1 Medaglia d'oro al merito di servizio (20 anni) 1 Croce di anzianità di servizio della Polizia di Stato (35 anni) |
Studi militari | Scuola superiore di polizia |
nel testo | |
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Bruno Contrada (Napoli, 2 settembre 1931) è un ex poliziotto e agente segreto italiano; è stato dirigente generale della Polizia di Stato, numero tre del SISDE, capo della Squadra mobile di Palermo, e capo della sezione siciliana della Criminalpol.
Il suo nome fu associato ai rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità, culminati nella strage di via D'Amelio dove morì in un attentato il giudice Paolo Borsellino che in quel periodo indagava sui collegamenti tra mafia e Stato, e alla cosiddetta "zona grigia" tra legalità e illegalità.[1] Contrada si è dichiarato collaboratore e amico di Borsellino, ma i familiari del magistrato assassinato hanno smentito fermamente[2]. In gioventù fu amico e superiore di Boris Giuliano, la cui moglie ha espresso invece perplessità sulla colpevolezza di Contrada.[3]
Arrestato il 24 dicembre 1992, Contrada, che si è dichiarato estraneo al reato, in un primo tempo assolto in appello, è stato condannato in via definitiva nel 2007 a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 2011-12 venne respinta la richiesta di revisione del processo e sempre nel 2012 finì di scontare la pena.
L'11 febbraio 2014 la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato lo Stato italiano poiché ha ritenuto che la ripetuta mancata concessione degli arresti domiciliari a Contrada, sino al luglio 2008, pur se gravemente malato e malgrado la palese incompatibilità del suo stato di salute col regime carcerario, fosse una violazione dell'art. 3 Cedu (divieto di trattamenti inumani o degradanti)[4]. Il 13 aprile 2015 la stessa Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano stabilendo un risarcimento per danni morali da parte dello Stato italiano perché non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa dato che, all'epoca dei fatti (1979-1988), il reato non era ancora previsto dall'ordinamento giuridico italiano (principio di nulla poena sine lege), e nella sentenza viene affermato che «il reato non era sufficientemente chiaro, né prevedibile da lui. Contrada non avrebbe potuto conoscere le pene in cui sarebbe incorso».[5][6] In seguito a ciò, nel giugno 2015 è incominciata la revisione del processo di Contrada[7], poi respinta il 18 novembre. Gli avvocati di Contrada hanno presentato istanza di revoca della condanna, respinta dalla corte d'appello di Palermo, e infine accolta nel 2017 dalla corte di Cassazione[8], che ha dichiarato "ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna". La Corte di Cassazione ha chiuso quindi la vicenda perché il fatto non era previsto come reato all'epoca degli eventi contestati, in accoglimento della sentenza di Strasburgo.
Il 14 ottobre 2017 il capo della Polizia Franco Gabrielli ha revocato il provvedimento di destituzione di Bruno Contrada, reintegrandolo come pensionato nella Polizia di Stato. La revoca della destituzione è retroattiva e parte dal gennaio 1993, data della rimozione dal servizio.
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