Campagna di Libia (1913-1921) parte della Prima guerra mondiale | |||
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Mappa della Tripolitania nel 1913 | |||
Data | febbraio 1913 - dicembre 1921 | ||
Luogo | Tripolitania, Cirenaica e Fezzan | ||
Causa | Amministrazione italiana della Libia, contestata da guerriglieri arabo-berberi appoggiati dagli ottomani e dai tedeschi durante la I guerra mondiale. | ||
Esito | Vittoria difensiva italiana
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Schieramenti | |||
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Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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fonti citate nel corpo del testo | |||
Voci di operazioni militari presenti su Wikipedia | |||
La campagna di Libia intrapresa tra il 1913 ed il 1921 costituisce una delle fasi operative successive alla guerra italo-turca per assicurare la pace e la sovranità italiana nella colonia libica.
La Libia con la firma del trattato di Losanna passò sotto l'amministrazione civile e militare italiana (art. 2).[4]
Alla fase bellica, seguirono provvedimenti di natura civile aventi per oggetto l'insieme delle norme da attuare per procedere organizzativamente alle necessità della colonia. Furono emanate disposizioni per l'amministrazione dei territori della Tripolitania e della Cirenaica e si diede inizio a programmi di riduzione delle truppe di presidio[5] procedendo alle prime smobilitazioni. Il 9 gennaio 1913 furono quindi istituiti due separati governi, uno per la Tripolitania affidato al generale Ottavio Ragni e uno per la Cirenaica guidato dal generale Ottavio Briccola. I governatori, secondo quanto stabilito nel nuovo ordinamento furono posti alle dipendenze del Ministero delle colonie.[6] Oltre alla complessa serie di atti normativi, centrali e periferici, in corso di attuazione in entrambi i governatorati, dopo la conclusione della guerra italo-turca, si aggiunsero non pochi problemi con le popolazioni arabe. Il trattato di Losanna concluso con la Turchia, non scongiurò la continuazione dell'azione già sviluppata durante il conflitto da emissari e ufficiali turchi che continuarono, anche dopo la firma del trattato, nella loro opera destinata a fomentare il disordine e sollevare le popolazioni arabe contro le autorità italiane. Infatti, anche se le truppe turche a campagna conclusa furono rimpatriate, alcuni ufficiali fra cui Enver Bey rimasero in Libia osteggiando l'azione del governo con l'appoggio della confraternita dei Senussi.[7]