Il cinema italiano è attivo sin dall'epoca dei fratelli Lumière.[1] I primi filmati risalgono al 1896 e sono stati realizzati nelle principali città della penisola.[2][3] Questi brevi esperimenti incontrano subito la curiosità del ceto popolare incoraggiando gli operatori a produrre nuove pellicole fino a porre le basi per la nascita di una vera industria cinematografica.[2][3] Nei primi anni del novecento si sviluppa il cinema muto che avrà il merito di portare alla ribalta numerosi divi italiani e che troverà una battuta d'arresto alla fine della prima guerra mondiale.[4]
Negli anni trenta, con l'avvento del sonoro e la nascita di Cinecittà, il cinema italiano vive nuove fasi produttive, sotto il controllo politico e finanziario del regime fascista[5]. Una nuova stagione si compie alla fine della seconda guerra mondiale con la nascita del cinema neorealista che raggiunge per tutto il dopoguerra un vasto consenso di pubblico e critica[6]. Dalla metà degli anni cinquanta fino alla fine degli anni settanta, grazie al cinema d'autore, alla commedia all'italiana ed a molti altri generi, il cinema italiano raggiunge una posizione di grande prestigio sia nazionale che estera[7][8]. A partire dagli anni ottanta, a causa di molteplici fattori, la produzione italiana attraversa una profonda crisi che non ha impedito la realizzazione di pellicole di qualità, premiate ed apprezzate in tutto il mondo[9][10][11].
Tra i primi fotogrammi impressi su pellicola e prodotti in Italia sono documentari della durata di pochi minuti dedicati a regnanti, imperatori, papi e a scorci di alcune città. Il primo operatore di rilevanza storica è Vittorio Calcina, autore di cortometraggi sia in forma documentaria che a soggetto. Tra le sue "vedute" più celebri va ricordata la ripresa della visita a Monza di re Umberto I e della regina Margherita di Savoia, girata su commissione per conto dei fratelli Lumière[12].
In poco tempo altri pionieri si fanno strada. A mettersi in luce è il regista e inventore Filoteo Alberini, che già a partire dal 1895 perfeziona un apparecchio di ripresa non dissimile da quello dei Lumière[13]. Sono attivi anche Italo Pacchioni, Arturo Ambrosio, Giovanni Vitrotti e Roberto Omegna.
Il successo di questi "quadri in movimento" è immediato. Il cinematografo affascina per la sua capacità di mostrare con inedita precisione realtà geografiche lontane e, viceversa, di immortalare momenti quotidiani senza storia. Vengono ripresi eventi sportivi, avvenimenti locali, intensi traffici stradali, l'arrivo di un treno, visite di personaggi famosi, ma anche disastri e calamità naturali.
Per dare una sommaria idea del tipo di riprese effettuate, alcuni quadri del tempo riportano i seguenti titoli: Arrivo del treno alla Stazione di Milano (1896), La battaglia di neve (1896), la gabbia dei matti (1896), Ballo in famiglia (1896), Il finto storpio al Castello Sforzesco (1896) e La Fiera di Porta Genova (1898), tutti girati da Italo Pacchioni, anch'egli inventore di una macchina da presa con effetto stereoscopico conservata presso la Cineteca Italiana di Milano[14].
Se la risposta delle classi popolari è entusiasta, la novità tecnologica sarà trattata con riserva dalla stampa e da una parte del mondo intellettuale. Nonostante le iniziali diffidenze, nell'arco di soli due anni il cinema scala le gerarchie della società incuriosendo le classi più abbienti. Il 28 gennaio 1897 i principi Vittorio Emanuele e Elena di Montenegro assistono a una proiezione organizzata da Vittorio Calcina, in una sala di Palazzo Pitti a Firenze[15]. Decisi a sperimentare il nuovo mezzo, si lasceranno riprendere in S.A.R. il Principe di Napoli e la Principessa Elena visitano il battistero di S. Giovanni a Firenze e il giorno del loro matrimonio in Dimostrazione popolare alle LL. AA. i Principi sposi (al Pantheon - Roma)[16][17].