La clonazione, in biologia, indica la creazione asessuata, naturale o artificiale, di un secondo organismo vivente o anche di una singola cellula che ha tutte le caratteristiche genetiche del primo. Il termine deriva dal greco antico κλών (klōn "ramo", "ramoscello"). In natura tale modalità di riproduzione si verifica in alcuni organismi unicellulari, alcuni invertebrati (in alcuni poriferi, nei platelminti, e negli anellidi) e alcune piante. In agricoltura il termine viene utilizzato per indicare una tecnica che l'uomo utilizza da tempo per riprodurre piante come talee, margotte e innesti. In ingegneria genetica molecolare o in biotecnologia la parola indica talvolta la riproduzione di tratti di catena di DNA. Nel processo vengono impiegati vettori di clonazione[1][2][3].
Nella moderna genetica, e nelle scienze biologiche applicate in genere, la clonazione è la tecnica di produzione di copie geneticamente identiche di organismi viventi tramite manipolazione genetica. In questa ultima accezione il termine è divenuto di uso comune a partire dagli anni novanta, quando prima Neal First (1994), quindi Keith Campbell e Ian Wilmut (i padri scientifici della famosa pecora Dolly - 1996) provarono a clonare, con successo, una pecora. Clonare in laboratorio un organismo, in questo caso, significa creare un nuovo essere vivente che possiede le stesse informazioni genetiche dell'organismo di partenza. Quindi le moderne tecniche di clonazione prevedono il prelevamento e trasferimento del nucleo di un somatocita dell'organismo da clonare in una nuova cellula uovo della stessa specie dell'organismo da replicare. Poiché il nucleo contiene quasi[4] tutte le informazioni genetiche necessarie per realizzare una forma di vita, l'uovo ricevente si svilupperà in un organismo geneticamente identico al donatore del nucleo.[5]