Comma Johanneum

Riproduzione testuale stilizzata del Codex Montfortianus o Minuscolo 61 (1495-1521 d.C.): un minuscolo tardo medievale greco influenzato dal latino contenente il Comma Giovanneo

Il Comma Johanneum (in italiano Comma giovanneo) è una serie di parole, che per i più costituisce un'aggiunta interpolata nel passo della Prima lettera di Giovanni 5,7-8[1]. In ambito greco è stato tramandato in una decina di manoscritti minuscoli medievali tardivi (X-XVIII secolo), come lettura variante successiva presente a margine (XII-XIX secolo) o in testi influenzati dal latino (XIV-XVIII secolo); e in un codice antico (IV secolo) presente come segno diacritico dalla dubbia autenticità.

È riconosciuta come glossa interpolata nel testo da molte confessioni religiose[2]. Oggi è presente solo in alcune traduzioni[3].

La moderna critica testuale[4] giunge alla conclusione che il Comma non è scrittura originale[5], poiché ci sono elementi interni e esterni al testo che non permettono di considerarlo tale. Le sue conclusioni stabiliscono che sia un'aggiunta di origine latina posteriore al testo, nata da interpretazione teologica.

Al contrario una minoranza invece assume la sua difesa, soprattutto su base ideologica[6], ma anche sulla base di qualche dato che si discosta da tali conclusioni, affermando che la sua eliminazione dal testo sarebbe avvenuta per errore[7] e/o per l'intervento censorio di correnti anti-trinitarie.

  1. ^ 1 Giovanni 5,7-8, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ I cattolici di fatto (anche se l'argomento è ancora aperto alle indagini dal 1927 da papa Pio XI con la condizione di rispettare la decisione ultima della Chiesa su tale argomento: Enchiridion Biblicum. Documenta Ecclesiastica Sacrum Scripturam Spectantia, Romae, apud Librariam Vaticanam 1927, pp. 46–47; Il ”Comma Giovanneo„ e la recente dichiarazione del Santo Uffizio pp. 650-651; Dizionario Biblico: Comma Giovanneo), altre confessioni cristiane dalle radici antiche, molte correnti protestanti: riconoscendo come corrette le conclusioni, sulla radice interpolativa di questo passo, fatte dalla moderna critica testuale non lo inseriscono più nel loro testo biblico; gli ortodossi anche se presente nel loro testo (Testo ufficiale Chiesa ortodossa: ΕΠΙΣΤΟΛΗ Α’ ΙΩΑΝΝΟΥ), per intervento del Santo Sinodo (Documentazione commissione dell'epoca p. 61), la ritengono interpolata, ma facente comunque parte della tradizione; mentre i Valdesi e altre confessioni protestanti e non dipendenti dalla Bibbia di Re Giacomo lo considerano autentico: 1 John 5:7 (Johannine Comma) - "These Three Are One" nota 7
  3. ^ Alcune di queste sono: Nuova Diodati, la Reina Valera, King James/New King James,Versione georgiana, 2015 (verso testimoni celesti); la Bibbia di Gerusalemme della CEI non lo mette nel testo ma nelle note al verso di riferimento:

    «Nella volgata dei vv. 7-8 risulta sovraccarico a causa di un inciso detto comma giovanneo (riportato sotto tra parentesi) assente nei mss. greci antichi, nelle versioni antiche e nei migliori mss. della stessa volgata; sembra trattarsi di una glossa marginale introdotta in seguito nel testo: perché tre sono quelli che danno testimonianza (nel cielo: Il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono uno; e tre sono quelli che testimoniano sulla terra): lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi»

  4. ^ Anche se attualmente presenta qualche imprecisione questa è la posizione standard della critica testuale esposta da Bruce Metzger che commenta la Prima lettera di Giovanni 5:7,8 in questo modo: Dopo μαρτυροῦντες il Textus Receptus aggiunge quanto segue: ἐν τῷ οὐρανῷ, ὁ Πατήρ, ὁ Λόγος, καὶ τὸ Ἅγιον Πνεῦμα· καὶ οὗτοι οἱ τρεῖς ἔν εἰσι. καὶ τρεῖς εἰσιν οἱ μαρτυροῦντες ἐν τῇ γῇ. Che queste parole siano spurie e non abbiano diritto di stare nel Nuovo Testamento, è certo alla luce delle seguenti considerazioni: (A) Evidenze esterne (1) Questo brano è assente da ogni manoscritto greco conosciuto eccetto otto, e questi contengono il brano in quella che appare una traduzione da una recensione posteriore della Vulgata latina: quattro degli otto manoscritti contengono il brano come una lezione variante scritta in margine come aggiunta posteriore al manoscritto. Gli otto manoscritti sono i seguenti:
    • 61: codex Montfortianus, che risale alla prima parte del XVI secolo.
    • 88: una lezione variante aggiunta da una mano del XVI secolo al codice del XIV secolo Regius di Napoli.
    • 221: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del X secolo nella Biblioteca Bodleiana di Oxford.
    • 429: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del XVI secolo nella Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel.
    • 629: (Codex Ottobonianus), un manoscritto del XIV o XV secolo nella Biblioteca Vaticana.
    • 636: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del XVI secolo a Napoli.
    • 918: un manoscritto del XVI secolo all'Escorial, vicino a Madrid, Spagna.
    • 2318: un manoscritto del XVIII secolo influenzato dalla Vulgata clementina a Bucarest, Romania.
    (2) Il brano non è assolutamente mai citato dalla patristica greca che, se l'avesse conosciuto, lo avrebbe certamente utilizzato nelle controversie in favore della Trinità (contro i Sabelliani e gli Ariani). La sua prima apparizione in greco è una versione greca degli Atti (latini) del Concilio lateranense del 1215. (3) Il brano è assente dai manoscritti di tutte le versioni antiche (siriaca, copta, armena, etiope, araba e paleoslava), eccetto che quella latina, e non si trova (a) in quella latina antica nella sua prima forma (Tertulliano, Cipriano, Agostino, né (b) nella Vulgata com'è stata pubblicata da San Girolamo (codex Fuldensis - copiato nel 541-46 e nel codice Amiatinus (copiato prima del 716) o (c) com'è stato riveduto da Alcuino (prima versione del codice Vallicelliano del IX secolo). La ricorrenza più antica di una citazione di questo brano come parte del testo attuale dell'Epistola è in un trattato latino del IV secolo intitolato Liber Apologeticus (Cap. 4), attribuito o all'eretico spagnolo Priscilliano (morto nel 385) o al suo seguace il vescovo Instantius. Probabilmente la glossa sorse quando il brano originale era inteso rappresentare la Trinità (quando menziona i tre testimoni: lo Spirito, l'acqua e il sangue), interpretazione questa che può essere stata scritta dapprima come nota marginale che poi è stata inserita nel testo. Nel V secolo la glossa è citata dai Padri latini del Nord Africa e dell'Italia come parte del testo dell'Epistola, e dal VI secolo in poi si trova sempre più frequentemente nei manoscritti della Vetus Latina e della Vulgata. In queste vi sono persino alcune differenze (per esempio altre intrusioni nel testo latino di 1 Giovanni, come in 2:17; 4:3; 5:6,20). (B) Probabilità interne (1) Al riguardo della probabilità di trascrizione, se questo testo fosse originale, non vi sarebbe ragione che fosse poi omesso, o accidentalmente o intenzionalmente, dai copisti di centinaia di manoscritti e dai traduttori di versioni antiche. (2) Al riguardo della probabilità intrinseca, il brano si presenta pure come una goffa interruzione del senso.
  5. ^ NA28 nota 101
  6. ^ Molti di questi lo fanno per la difesa a priori di un determinato testo a cui sono legati e perché si trova in questo testo (Bibbia di Re Giacomo)
  7. ^ Avviene alcune volte che gli scribi sia per stanchezza sia per svista saltino parti del testo simili (Homeoteleuton) come in questo caso dove la struttura del testo si ripete: omoteleuto. Thomas Smith (1690) affermava che i copisti avessero saltato parte del testo sui testimoni, e James Snapp (che non ritiene comunque autografo il Comma) spiega nel dettaglio come questo potrebbe essere avvenuto:

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