Il Concilio di Agde fu tenuto il 10 settembre 506, appena fuori dalle mura della città portuale di Agde in Linguadoca, nella locale chiesa di Saint-André d'Agde e fu convocato e presieduto dal vescovo gallo Cesario, arcivescovo di Arles. Il suo fu un incarico affidato dal re visigoto Alarico II (che però non suggellò l'adesione sua e dei visigoti al cristianesimo cattolico, rimanendo ariani)[1][2], che lo pensò come un concilio "nazionale" del suo regno e come momento di incontro e fusione fra clero gallo-romano e governo ostrogoto[1]. Il concilio si situava sulla scia di una tradizione consolidata: proprio in Gallia, due secoli prima, vi fu il concilio d'Arles, il primo ad essere convocato da un imperatore[1].
Al Concilio parteciparono i rappresentanti delle otto province della Gallia sotto il controllo dei Visigoti, regnante Alarico II. Si trattò di un totale di 24 vescovi, più dieci prelati in rappresentanza di altrettanti vescovi impossibilitati a presenziare.
Il concilio Agathense è il primo concilio ad avere luogo nei regni barbarici succeduti all'Impero romano d'Occidente, e per varie ragioni si connota come episodio di grande portata storica e politica.[1] Per la sua collocazione cronologica e anche per le modalità in cui si realizza può essere considerato un decisivo snodo, non solo simbolico, tra l'epoca romana e il periodo merovingio, un concreto momento di transito tra chiesa gallo-romana e chiesa gallo-franca[1].
Tuttavia, per motivi politici, non tutto il territorio visigoto fu rappresentato nel Concilio: il vescovo di Aix, ad esempio, si rifiutò di presenziare o di inviare un suo rappresentante in aperta protesta contro le istanze di Cesario, il quale secondo lui pretendeva di esercitare diritti di metropolita su di lui. Nonostante alcune importanti assenze, tuttavia, si può considerare rappresentativo del clero del periodo gallo-romano. Il Concilio redasse 49 canoni e, alla chiusura, i padri decisero di lì ad un anno di ritrovarsi significativamente nella capitale del regno, Tolosa. La morte del re nella battaglia di Vouillé contro i Franchi e con la fine al dominio visigoto in Gallia, il concilio non venne mai convocato[1].
Agde, Orléans e Epaon hanno due fatti importanti in comune: il carattere nazionale dei concili e l'utilizzo politico dello strumento conciliare, scelto come momento di incontro e integrazione fra le nuove popolazioni dominante e quelle dominate, rappresentate quest'ultime dai vescovi, destinati a diventare interlocutori d'elezione dei re barbari[1].