Conferenza di Monaco

Conferenza di Monaco
I firmatari dell'accordo: da sinistra, Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini; a destra, Ciano. In secondo piano i diplomatici: tra Hitler e Mussolini si riconoscono Joachim von Ribbentrop (a sinistra) ed Ernst von Weizsäcker; tra Mussolini e Ciano si trova Alexis Léger e tra Chamberlain e Daladier è Henri Fromageot.
Tipotrattato plurilaterale
Contestoperiodo interbellico
Firma30 settembre 1938
LuogoFührerbau, Monaco di Baviera
PartiGermania (bandiera) Germania
Regno Unito (bandiera) Regno Unito
Francia (bandiera) Francia
Italia (bandiera) Italia
FirmatariGermania (bandiera) Adolf Hitler
Regno Unito (bandiera) Neville Chamberlain
Francia (bandiera) Édouard Daladier
Italia (bandiera) Benito Mussolini
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La conferenza di Monaco (conosciuta anche come accordo di Monaco o patto di Monaco[1]) fu un incontro internazionale che si tenne dal 29 al 30 settembre 1938, fra i leader di Regno Unito, Francia, Germania e Italia, rispettivamente Neville Chamberlain, Édouard Daladier, Adolf Hitler e Benito Mussolini.

Alla conferenza si discussero le rivendicazioni tedesche sulla regione cecoslovacca dei Sudeti, abitata prevalentemente da popolazione di lingua tedesca, i cosiddetti Sudetendeutsche. La conferenza si concluse con un accordo che portò all'annessione alla Germania di vasti territori della Cecoslovacchia con il benestare delle potenze democratiche che, fedeli alla politica di appeasement, credettero di aver raggiunto un compromesso per una pace duratura, accontentando le mire espansionistiche di Hitler. Tuttavia, nonostante Francia, Regno Unito e Cecoslovacchia fossero alleate, nessun rappresentante cecoslovacco fu coinvolto nelle trattative e l'accordo fu etichettato a Praga come "diktat di Monaco" (Mnichovský diktát) o anche "tradimento di Monaco" (Mnichovská zrada)[2][N 1].

L'accordo cercato dalle potenze democratiche era stato forse dettato dalla convinzione che, dopo tutto, esso corrispondesse all'applicazione del principio di autodeterminazione dei popoli enunciato da Woodrow Wilson nel primo dopoguerra, magari interpretato in modo perentorio e autoritario da Hitler, ma comunque valido. Se per l'opinione pubblica britannica l'accordo rappresentò in quel momento un successo che avrebbe garantito la pace e il mantenimento dello status quo nelle aree di interesse del Regno Unito, per il dittatore tedesco fu un successo diplomatico e allo stesso tempo uno smacco personale: infatti gli avrebbe imposto di agire nei limiti stabiliti dalle potenze democratiche e l'avrebbe costretto ad abbandonare i propositi iniziali di invasione totale della Cecoslovacchia. La conferenza segnò, inoltre, una sconfitta sia per i francesi, che videro annullati tutti gli sforzi diplomatici dell'ultimo ventennio tesi a stringere rapporti con i paesi dell'area danubiana in funzione anti-tedesca, sia per gli italiani, poiché ancora una volta Mussolini vide crescere in Europa il peso della dittatura nazista, a scapito dell'influenza italiana[3].

  1. ^ Monaco, Conferenza e Patto di in "Dizionario di Storia", su www.treccani.it. URL consultato il 21 agosto 2023.
  2. ^ Giuseppe Picheca, Monaco 1938, cosa rimane del grande tradimento, su progetto.cz, Progetto Repubblica Ceca. URL consultato il 30 gennaio 2022.
  3. ^ Di Nolfo, p. 232.


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