La crisi politica ecuadoriana del 2010, conosciuta anche con il nome di 30S (o 30-S) fu una crisi di sicurezza in Ecuador, iniziata come una rivolta della polizia contro la legge sui salari, il 30 settembre 2010[1], e qualificata da parte del governo di Rafael Correa come un tentativo di colpo di Stato pianificato contro di lui.[2] Diversi giornalisti, analisti politici, altri governi della regione e diverse organizzazioni internazionali utilizzano la stessa espressione per riferirsi a un "tentativo di destabilizzazione", mentre esiste un'importante discrepanza tra le versioni da parte dell opposizione del governo e di vari altri giornalisti e analisti politici, che lo descrivono come una sommossa fortuita la cui violenza è aumentata a causa delle azioni del presidente stesso, il quale prima ha cercato di sfruttare le proteste come piattaforma di propaganda, poi si è servito della storia del presunto colpo di Stato per giustificare ai media la persecuzione politica di chi lo criticava.[3]
Successivamente, i 30S hanno avuto ripercussioni legali dirette e indirette: la più nota a livello nazionale e internazionale è il caso "Correa vs Palacio e El Universo", che ha portato a una sentenza contro Palacio (poi fuggito dall'Ecuador) di 3 anni di carcere e al pagamento di 40 milioni di dollari al quotidiano "El Universo" per gravi diffamazioni sul suo conto pubblicate dallo stesso Palacio nelle colonne del quotidiano e non ritirate dal giornale dopo la domanda dello stesso presidente ecuadoriano[4], che tuttavia, qualche tempo dopo, perdonò pubblicamente il quotidiano ountuallizzando che "Hay perdono pero no olvido" (c'è il perdono ma non dimentico).[5]
Nell'agosto del 2012 il governo ha dichiarato che il simbolo 30S, e anche 30-S sono marchi registrati ad uso esclusivo del governo, in ricordo ai fatti successi il 30 settembre 2010.[6]
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