Crisi del Congo parte della guerra fredda e della decolonizzazione | ||||
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Una postazione di caschi blu della ONUC dispiegati in Katanga nel novembre del 1961 | ||||
Data | giugno 1960 - novembre 1965 | |||
Luogo | Repubblica Democratica del Congo | |||
Casus belli | indipendenza del Congo dal Belgio | |||
Esito | ristabilimento dell'unità nazionale da parte del governo centrale congolese presa del potere da parte di Mobutu | |||
Schieramenti | ||||
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Comandanti | ||||
Perdite | ||||
Tra 100 000 e 200 000 morti totali | ||||
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La crisi del Congo fu una fase di perdurante instabilità politica e di tumulti che interessò il territorio dell'attuale Repubblica Democratica del Congo tra il giugno del 1960 e il novembre del 1965. Iniziato subito dopo la proclamazione dell'indipendenza della nazione dal dominio coloniale belga il 30 giugno 1960, questo periodo fu caratterizzato da un lato da una forte instabilità politica rappresentata dallo scontro tra i sostenitori del presidente del Congo Joseph Kasa-Vubu e quelli del primo ministro Patrice Lumumba, e dall'altro da una estesa serie di disordini e sommosse nella maggior parte del paese, sfociate in aperte rivolte armate e tentativi di secessione da parte di varie province in opposizione al governo centrale.
Gli eventi della crisi del Congo finirono con il coinvolgere più o meno direttamente diverse nazioni estere, inserendosi nell'ambito del più ampio confronto mondiale tra il blocco occidentale capitanato dagli Stati Uniti d'America e quello orientale guidato dall'Unione Sovietica: il primo appoggiò il governo centrale di Léopoldville spalleggiando Kasa-Vubu e, successivamente, il generale Joseph-Désiré Mobutu, il secondo sostenne Lumumba e, dopo il suo assassinio nel gennaio del 1961, il suo successore Antoine Gizenga, che cercò di instaurare un governo parallelo a Stanleyville. L'ex potenza coloniale del Belgio sostenne con aiuti militari e invii di contingenti di mercenari europei i tentativi secessionisti delle provincie del Sud-Kasai e soprattutto del Katanga: questi tentativi trovarono la ferma opposizione delle Nazioni Unite, che sostennero la riconquista delle regioni secessioniste da parte del governo centrale tramite l'invio di una missione militare nel paese (ONUC).
La caduta di Gizenga e della sua Repubblica libera del Congo nel gennaio del 1962 e la riconquista delle regioni separatiste nel febbraio del 1963 non arrestò la crisi: Pierre Mulele e il suo movimento di ispirazione maoista diedero il via a una rivolta popolare poi estesasi a gran parte delle regioni orientali del paese, culminata con la costituzione di un nuovo governo concorrente a Stanleyville sotto Christophe Gbenye e Gaston Soumialot; questo tentativo fu infine soffocato dalle truppe governative entro la fine del 1965. Lo stato di crisi, che provocò un totale stimato tra 100 000 e 200 000 morti in tutto il paese, viene fatto convenzionalmente cessare nel novembre del 1965 con il colpo di Stato e la presa del potere da parte del generale Mobutu, anche se disordini e conflitti continuarono anche dopo; Mobutu instaurò un regime dittatoriale sul Congo - che venne rinominato in Zaire - fino alla sua morte nel 1997.