Con la terminologia cyberpunk giapponese ci si riferisce a quei prodotti audiovisivi di finzione realizzati in Giappone che rientrano nel genere, per l'appunto, del cyberpunk. Essi possono essere di due diverse tipologie: film live action e film (o serie) d'animazione.[1]
La produzione di opere cyberpunk ebbe inizio nei primi anni Ottanta, in seno a diversi neonati circuiti di cinema underground. Sebbene abbia qualche affinità con il cyberpunk 'low life high-tech' di matrice occidentale, tuttavia ne differisce soprattutto nella rappresentazione di paesaggi urbani industriali, costruzioni metalliche, e una narrazione frenetica e, molto spesso, incomprensibile. Viene indicata come pellicola iniziatrice del genere Bakuretsu toshi (1982) di Sōgo Ishii, ma quella che ne ha codificato a tutti gli effetti gli stilemi fu Tetsuo (1989) di Shin'ya Tsukamoto.[2]
Come accennato, il cyberpunk nipponico è declinato anche attraverso pellicole d'animazione o anche fumetti. In questo caso Akira (1982) e la sua trasposizione cinematografica (1988), entrambe di Katsuhiro Ōtomo, furono le opere primigenie e più importanti. Infatti da esse scaturì tutta un'ondata di cartoni animati/film d'animazione e fumetti che trovò nelle serie di Ghost in the Shell, Alita l'angelo della battaglia, Cowboy Bebop e Serial Experiments Lain la massima espressione creativa.[3] Inoltre, a differenza dei film live action (che comunque rimasero opere di nicchia o cult per appassionati), queste ebbero un forte impatto nella cultura di massa mondiale, ispirando numerosi lavori, come fumetti, film, musica, prodotti televisivi, videogiochi o altri film animati.