Il termine Desaparecidos, che significa letteralmente "scomparsi" in spagnolo e portoghese[1], si riferisce alle persone che furono arrestate per motivi politici, o anche semplicemente accusate di avere compiuto attività "anti governative", dalle polizie dei regimi dittatoriali militari argentino, cileno, uruguaiano e di altri paesi dell'America Latina attivi negli anni settanta e ottanta, e delle quali si persero in seguito le tracce.
Tipico del fenomeno dei desaparecidos fu la segretezza con cui operarono le forze governative; gli arresti e i sequestri avvenivano spesso di notte e in genere senza testimoni, così come segreto rimaneva tutto ciò che seguiva all'arresto; le autorità non fornivano ai familiari la notizia degli avvenuti arresti e gli stessi capi di imputazione erano solitamente molto vaghi. Della maggioranza dei desaparecidos non si seppe effettivamente mai nulla; solo dopo la caduta dei regimi e il ritorno alla democrazia, con la pubblicazione del rapporto nunca más (mai più), che permise la ricostruzione di una parte degli avvenimenti e della sorte di un certo numero di "scomparsi", fu possibile conoscere che molti di loro erano stati detenuti in campi di concentramento e in centri di detenzione clandestini, torturati e infine assassinati segretamente, con l'occultamento delle salme in fosse comuni, o gettati nell'Oceano Atlantico o nel Río de la Plata con i cosiddetti voli della morte.
La sparizione forzata è un fenomeno che si è verificato anche in altri paesi e in altri momenti storici, situazioni per le quali il termine spagnolo è divenuto una parola in lingua franca d'uso comune. Tale fenomeno è stato riconosciuto come crimine contro l'umanità dall'articolo 7 dello Statuto di Roma del 17 luglio 1998 per la costituzione del Tribunale penale internazionale e dalla risoluzione delle Nazioni Unite numero 47/133 del 18 dicembre 1992.