Un dhimmi (in arabo ذمي?, collettivo: أهل الذمة, ahl al-dhimma, "Gente della dhimma", Lingua turca zimmi) era un suddito non-musulmano di uno Stato governato dalla shari'a, la legge islamica.
Con dhimma si intende un "patto di protezione" contratto tra non musulmani e un'autorità di governo musulmana. Lo status di dhimmi era in origine riferito solo all'Ahl al-Kitab ("Gente del Libro"), cioè ebrei e cristiani, ma in seguito anche zoroastriani, mandei e infine agli indù, ai sikh e ai buddhisti. I dhimmi godevano di maggiori diritti rispetto ad altri soggetti non-musulmani, ma di minori diritti legali e sociali dei musulmani.[1]
Lo status di dhimmi venne applicato a milioni di persone vissute tra l'Oceano Atlantico e l'India dal VII secolo all'epoca moderna. Nel tempo, molti si convertirono all'Islam. Molte conversioni furono volontarie e motivate da diverse ragioni, ma le conversioni forzate giocarono un ruolo crescente soprattutto dal XII secolo sotto gli Almohadi nel Maghreb, in Persia e in Egitto, dove il Cristianesimo copto era ancora la religione numericamente dominante. Un'altra fonte della legislazione sui cristiani è il cosiddetto Patto di Omar.[2]