Difetto cristallino

I difetti cristallini, o difetti reticolari, corrispondono a delle zone del cristallo in cui viene a mancare l'ordine proprio del reticolo cristallino.[1]

Un cristallo reale presenta sempre difetti al suo interno,[2][3] e il loro numero aumenta insieme alla temperatura o in seguito ad uno stress meccanico (ad esempio l'allungamento per trazione di un provino). La totale assenza di difetti nel cristallo, corrispondente a uno stato di entropia nulla, è teoricamente raggiungibile solo allo zero assoluto: a temperature maggiori di 0 K tutti i cristalli deviano dallo stato perfettamente ordinato e si ha la comparsa di difetti reticolari.[1] Questa formazione spontanea di un certo tipo di difetti è intrinseca all'equilibrio termodinamico della struttura, il quale prevede la minimizzazione dell'energia libera del sistema mediante un bilancio tra contributo entalpico di formazione dei difetti (essi corrispondono infatti a uno stato energeticamente più elevato) e contributo entropico degli stessi alla configurazione della struttura (e ai gradi di libertà vibrazionali degli atomi circostanti il difetto): ad ogni temperatura, un cristallo in equilibrio termodinamico contiene dunque un numero di difetti tale da attuare questo bilancio.[4]

I difetti cristallini si possono pertanto suddividere in due categorie a seconda dell'origine:[1][2][5]

  • difetti intrinseci, anche detti "in equilibrio termodinamico", attribuibili alla termodinamica dello stato solido e presenti in tutti i cristalli;
  • difetti estrinseci, anche detti "non in equilibrio termodinamico", specifici di un particolare cristallo, tra cui i difetti di stechiometria e le impurezze.

In base invece alla loro natura (zero-, mono-, bi- o tridimensionale), vengono suddivisi in:[1][3]

  • difetti di punto o puntiformi o adimensionali (associati ad una o due posizioni atomiche)
  • difetti di linea o monodimensionali
  • difetti di superficie o interfacciali o bidimensionali
  • difetti di volume o tridimensionali

Benché denominati difetti, possono essere volontariamente introdotti nei materiali al fine di ottenere particolari proprietà tecnologiche:[6] in ambito metallurgico, ad esempio, un'opportuna calibrazione della quantità di elementi alliganti disciolti nel reticolo del ferro (a tutti gli effetti atomi estranei al cristallo) consente di ottenere un'ampia gamma di leghe, in particolare leghe ferrose, tra cui gli acciai.[7]

  1. ^ a b c d Marco Boniardi e Andrea Casaroli, Metallurgia degli acciai - parte prima, Lucefin, 2017, p. 33.
  2. ^ a b Walter Nicodemi, Metallurgia. Principi generali, Zanichelli, 2000, p. 53, ISBN 8808089991, OCLC 848698477.
  3. ^ a b (EN) Flake C. Campbell, Elements of Metallurgy and Engineering Alloys, ASM International, 2008, p. 17.
  4. ^ David V. Ragone, Termodinamica dei materiali, traduzione di Massimiliano Bestetti e Silvia Franz, vol. 2, Casa Editrice Ambrosiana, 2011, pp. 66-69.
  5. ^ Bianchi, pp. 53-57.
  6. ^ (EN) Donald R. Askeland, Pradeep P. Fulay e Wendelin J. Wright, The science and engineering of materials, 6ª ed., Cengage Learning, 2011, p. 113, ISBN 978-0-495-29602-7, OCLC 780874390.
  7. ^ Marco Boniardi e Andrea Casaroli, Metallurgia degli acciai - parte prima, Lucefin, 2017, pp. 35-36.

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