Disastro del Vajont | |
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Tipo | Disastro industriale, inondazione |
Data | 9 ottobre 1963 22:39 (UTC+1) |
Luogo | Valle del Vajont |
Infrastruttura | Diga del Vajont, posseduta prima dalla SADE (Società Adriatica Di Elettricità) e poi dall'ENEL (Ente Nazionale per l'Energia elettrica) |
Stato | Italia |
Regione | Friuli-Venezia Giulia Veneto |
Provincia | Pordenone Belluno |
Coordinate | 46°16′02″N 12°19′44″E |
Responsabili | Società Adriatica di Elettricità, Montecatini, Enel, Ministero dei lavori pubblici |
Motivazione | Costruzione della diga del Vajont in una zona con paleofrane |
Causa | Una frana precipita dal Monte Töc entrando nel bacino artificiale, l'acqua fuoriesce dal bacino e allaga la zona. |
Conseguenze | |
Morti | 1.917 (base censuaria) |
Dispersi | 1.300[1] |
Danni | 900 miliardi di lire |
Mappa di localizzazione | |
Il disastro del Vajont (pronuncia: /vaˈjɔnt/[2]) si verificò la sera del 9 ottobre 1963, nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont nell'omonima valle (al confine tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto), quando una frana precipitò dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l'omonima diga. La conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell'onda generata provocò l'inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 1917 persone, tra cui 487 bambini e adolescenti.[3]
Le cause della tragedia, dopo numerosi dibattiti, processi e opere di letteratura, furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della SADE, ente gestore dell'opera fino alla nazionalizzazione, i quali occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a rischio idrogeologico. Dopo la costruzione della diga si scoprì infatti che i versanti avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l'ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità peraltro ritenuta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono dolosamente i dati a loro disposizione con il beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici.
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