L‘emancipazione degli ebrei fu un processo esterno ed interno che si sviluppò in varie nazioni e vide l'espansione dei diritti della popolazione ebraica d'Europa, compreso il riconoscimento dei diritti di cittadini paritari, e l'assegnazione formale di cittadinanza ai singoli individui.[1] Comprese l'impegno nell'ambito delle varie comunità di integrarsi nella società come cittadini.
Occorse gradualmente a partire dal XVIII secolo fino al XX secolo. L'emancipazione ebraica fece seguito all'Età dell'Illuminismo e alla concomitante Haskalah (Illuminismo ebraico).[2] Varie nazioni abrogarono o sostituirono precedenti leggi discriminatorie applicate in particolare contro ebrei nei loro luoghi di residenza. Prima dell'emancipazione, la maggior parte degli ebrei erano isolati in zone residenziali ai margini della società; l'emancipazione fu un importante obiettivo degli ebrei europei di quel tempo, che operarono nelle proprie comunità per raggiungere l'integrazione nella società maggioritaria e un'istruzione più ampia. Molti divennero attivi politicamente e culturalmente all'interno della più vasta società civile europea, man mano che gli ebrei acquisivano la piena cittadinanza. Emigrarono in paesi che offrivano migliori opportunità sociali ed economiche, come ad esempio la Gran Bretagna e le Americhe. In seguito, soprattutto quando confrontati da regimi oppressivi come l'Impero russo o da antisemitismo costante, alcuni ebrei europei e non solo si volsero verso movimenti rivoluzionari come il socialismo e il sionismo e anche l'anarchismo.[3]