Epatite B | |
---|---|
Virus dell'epatite B | |
Specialità | infettivologia |
Eziologia | Infettiva |
Sede colpita | Fegato |
Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 070.2 e 070.3 |
ICD-10 | B16, B18.0 e B18.1 |
OMIM | 610424 |
MeSH | D006509 |
MedlinePlus | 000279 |
eMedicine | 177632 e 964662 |
L'epatite B è una malattia infettiva, causata dal virus HBV, appartenente alla famiglia Hepadnaviridae, che colpisce il fegato degli hominoidea. La malattia, nota in origine come "epatite da siero"[1], è causa di epidemie in alcune parti dell'Asia e in Africa ed è a carattere endemico in Cina[2]. Circa un quarto della popolazione mondiale, più di due miliardi di persone, è stato contagiato dal virus dell'epatite B[3] ed esistono circa 350 milioni di portatori cronici del virus[4].
La trasmissione di epatite B avviene tramite esposizione a sangue infetto o a fluidi corporei come sperma e liquidi vaginali, mentre il DNA virale è stato rilevato anche nella saliva, nelle lacrime e nell'urina di portatori cronici con alto titolo nel siero sanguigno[3][5]. Il virus dell'epatite B non può essere però trasmesso attraverso il contatto casuale, come per esempio il tocco delle mani, la condivisione di posate o bicchieri, l'allattamento, baci, abbracci, tosse o starnuti[6]. Il virus è comunque in grado di sopravvivere fino a 7 giorni nell'ambiente.
La malattia provoca un'infiammazione acuta del fegato, vomito, ittero e, di rado, può portare alla morte. L'epatite B cronica può causare cirrosi epatica e cancro al fegato, una malattia mortale con una scarsa risposta alla chemioterapia[7]. L'infezione si può prevenire con la vaccinazione[8]. Si stima che ogni anno muoiano circa 750 000 persone per le conseguenze dell'epatite B[3].
Nel caso l'infezione coinvolga un bambino non vaccinato, evento possibile per varie cause (alla nascita dalla madre infetta anche se asintomatica, per contatto con tagli o ferite aperte di adulti o altri bambini infetti, ecc.), lo sviluppo di condizioni croniche avviene con una frequenza variabile tra l'80 e il 90% in caso di infezione nel primo anno di vita, e tra il 50 e il 60% nel caso di infezione prima dei 6 anni[3]. Per prevenire questi rischi, la posizione ufficiale dell'Organizzazione mondiale della sanità è che tutti i neonati dovrebbero ricevere la loro prima dose di vaccino entro le prime 24 ore dalla nascita[9]; il vaccino antiepatite B è efficace nel 95% dei casi nel prevenire l'infezione e le sue conseguenze croniche, ed è stato il primo vaccino a essere sviluppato come forma di prevenzione contro gravi tumori. Il vaccino antiepatite B è considerato particolarmente sicuro[3]; gli effetti collaterali, come per gli altri vaccini, sono rari e particolarmente blandi (arrossamento della pelle nel punto dell'iniezione, febbre leggera di breve durata); nonostante numerosi studi a lungo termine, non è mai emersa evidenza di gravi eventi avversi connessi in modo causale alla vaccinazione[10].