Epidemia di colera in Italia del 1973 epidemia | |
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Patologia | Vibrio cholerae, biotipo El Tor, serotipo Ogawa |
Nazione coinvolta | Italia |
Periodo | 20 agosto 1973 - ottobre 1973 |
Dati statistici[1] | |
Numero di casi | 278 (ottobre 1973) |
Numero di morti | 24 |
L'epidemia di colera in Italia del 1973 si verificò nell'ambito della settima pandemia di colera, nelle aree costiere delle regioni Campania, Puglia e Sardegna tra il 20 agosto e il 12 ottobre, quando vennero diagnosticati 278 casi di colera causati dal vibrione[2], biotipo El Tor (serotipo O1).[3] Quasi tutti i casi coinvolsero gli adulti, con una preponderanza di uomini, e causarono complessivamente 24 decessi.[4]
Il suo improvviso e violento manifestarsi causò un grande allarme nella popolazione (all'ospedale Cotugno di Napoli vennero ricoverate 911 persone in dieci giorni), ma già pochi giorni dopo l'inizio dell'emergenza venne avviata la più grande operazione di profilassi nel secondo dopoguerra che portò alla vaccinazione di circa un milione di napoletani in appena una settimana, grazie anche alle siringhe a pistola messe a disposizione dalla Sesta Flotta degli Stati Uniti.[5]
Sin dai primi giorni, comunque, il veicolo di diffusione fu indicato nel consumo di frutti di mare crudi contaminati dal vibrione,[6] probabilmente una partita di cozze proveniente dalla Tunisia, arrivata prima a Torre del Greco e a Napoli, poi a Bari e a Cagliari, dove si verificarono altri casi.
Eppure solo Napoli subì un feroce attacco mediatico da parte di alcuni giornalisti come Alberto Sensini, che, a suo dire, legge nell’epidemia l’avverarsi delle previsioni di Pietro Gobetti su di un «Sud sempre più attratto verso il Medio Oriente della miseria e dell’arretratezza». Tra i giornalisti c’è anche, però, chi avverte che sulla città «il vento della calunnia soffia dal Nord».[7]