Gli antichi Greci usavano la parola eros (ἔρως) per far riferimento a diversi aspetti dell'amore. Questa vasta gamma di significati si esprime con la pluralità di termini con cui in greco ci si riferisce all'amore, il che riflette tutta la versatilità e complessità del loro eros.
Il termine viene usato per descrivere non solo il rapporto coniugale più affettuoso e tenero che può esserci tra un uomo ed una donna, ma anche la relazione in varie forme istituzionalizzata della pederastia pedagogica (Eros paidikos, παιδικός ἔρως) sancito ufficialmente fin dall'epoca più arcaica in alcune polis (Vedi pederastia cretese). L'importanza dell'eros per gli antichi Greci era tale che il dio Eros dell'amore diventa, secondo la cosmogonia di Esiodo, la divinità primordiale, il primo dio che appare nel mondo, il più antico di tutti.
Anche gli antichi filosofi fin da principio descrissero il loro desiderio di conoscenza come una forma sublimata di eros, che diviene subito uno dei temi centrali delle loro riflessioni ed analisi. In particolare Platone ha dedicato due dei suoi maggiori "dialoghi socratici", il Simposio e il Fedro, alla discussione delle dimensioni filosofiche dell'eros, in particolare l'amore pederastico.
Nel Fedro viene detto che il miglior eros, quello di un uomo nei confronti di un ragazzo, sia una forma di follia divina nonché un dono degli Dèi, e che la sua più autentica espressione viene premiata dopo la morte fisica; il Simposio d'altra parte si lancia in meticolosi dettagli descrittivi del metodo con cui l'amore assume via via l'aspetto sia di bellezza che di saggezza. Il concetto di amore platonico deriva da molti influenti scritti del filosofo e descrive l'amore appassionato ma casto di un uomo per un giovane.