Con il termine escalation, nella storiografia della guerra del Vietnam, si indica il periodo storico del conflitto dal 1965 alla metà del 1968 durante la presidenza di Lyndon B. Johnson e caratterizzato dal continuo e sistematico incremento dell'impegno militare degli Stati Uniti nel teatro bellico indocinese.
Di fronte al progressivo aggravamento della situazione politico-militare in Vietnam del Sud con il rischio di una vittoria in tempi rapidi del movimento comunista Vietcong e del Vietnam del Nord, la dirigenza statunitense guidata dal presidente Lyndon Johnson e dal segretario alla difesa Robert McNamara prese la decisione nell'estate 1965 di approvare i piani di guerra del comandante americano del MACV, il generale William Westmoreland, che prevedevano l'arrivo scaglionato nel tempo secondo un preciso programma di un imponente numero di formazioni da combattimento dell'Esercito degli Stati Uniti e del Corpo di Marines con un gigantesco supporto logistico, aereo e navale per passare all'offensiva e distruggere progressivamente mediante l'adozione delle tattiche aggressive di Search and destroy, i reparti comunisti infiltrati e attivi in Vietnam del Sud.
Il generale Westmoreland e i suoi collaboratori ritenevano che con un'escalation progressiva di forze e di attacchi da parte del complesso militare americano sarebbe stato possibile con il tempo infliggere perdite debilitanti al nemico e scuoterne la risolutezza. Nonostante il grande impiego di uomini e mezzi, l'escalation, continuata per i successivi tre anni di guerra, si concluse con un totale fallimento nella prima metà del 1968: i vietcong e le unità regolari nordvietnamite furono in grado di resistere alle continue operazioni americane, incrementarono a loro volta le proprie forze, conservarono la coesione e il morale e inflissero pesanti perdite agli americani.