Filopemene | |
---|---|
Filopemene ferito di David d'Angers, Museo del Louvre | |
Stratego della lega achea | |
Durata mandato | 209 - 208 a.C. 193 - 182 a.C. (formalmente riconfermato ogni anno) |
Dati generali | |
Professione | Comandante militare |
Filopemene (in greco antico: Φιλοποίμην?, Philopòimen, a sua volta da Φίλος, Philos, "amico" e ποίμην, poimēn, "pastore", lett. "amico dei pastori"; Megalopoli, 253 a.C. – Messene, 183 a.C.) è stato un militare greco antico, stratego della lega achea per otto volte.
Combatté a fianco dei Macedoni contro il re di Sparta Cleomene III nella battaglia di Sellasia (222 a.C.)[1] e successivamente vinse il tiranno spartano Macanida a Mantinea (207 a.C.)[2].
Fu un fautore dell'unità del Peloponneso e della sua neutralità nella lunga guerra tra i macedoni e i romani, fino alla vittoria di questi ultimi a Cinocefale (197 a.C.).
Dopo aver combattuto come mercenario a Creta (199 a.C.-193 a.C.), nel 192 a.C. vinse Nabide, successore di Macanida (188 a.C.)[3], e nel 188 a.C. conquistò e sottomise Sparta instaurandovi un regime filo-acheo ed abrogando la legge di Licurgo[4]. Nel tentativo di reprimere tempestivamente la successiva ribellione di Messene alla lega achea, Filopemene fu catturato[5] e, una volta imprigionato[6], fu costretto al suicidio (183 a.C.)[7].
Alla guida della lega achea gli succedette Licorta, il padre dello storico Polibio[8].
Plutarco ci testimonia che Filopemene, per l'ammirazione che suscitarono il suo coraggio e i suoi ideali di unità ed indipendenza, fu chiamato dai Romani "l'ultimo degli Elleni"[9].