Si definisce gene targeting (dall'inglese bersagliamento di un gene) una tecnica biotecnologica che si serve della ricombinazione omologa (processo ubiquitario che avviene grazie all'azione di ricombinasi endogene presenti nelle cellule) per modificare un gene. Questa metodica, messa a punto dal biologo italoamericano Mario Capecchi (premio Nobel per la medicina nel 2007, insieme ai colleghi Martin Evans e Oliver Smithies),[1] permette di cancellare il gene, rimuoverne esoni o introdurvi mutazioni puntiformi.
Tali modificazioni possono essere permanenti o condizionali, sia su base temporale (il gene viene espresso in modo differente a seconda della specifica fase di sviluppo dell'organismo) che spaziale (il gene viene espresso in tessuti specifici). La gene targeting richiede la creazione di uno specifico vettore, specifico per ogni gene di interesse. Si tratta in ogni caso di una metodica molto versatile, poiché può essere utilizzata per qualsiasi tipo di gene, indipendentemente dall'espressione del gene stesso.
Il gene targeting permette di studiare un gene, analizzando in vivo gli eventi biologici che si sviluppano in caso di assenza o mutazione a carico del gene stesso. L'applicazione di questa tecnica ha avuto e continua ad avere un grande successo in diversi campi della ricerca biomedica.