Gita al faro

Gita al faro
Titolo originaleTo the Lighthouse
AutoreVirginia Woolf
1ª ed. originale1927
1ª ed. italiana1934
GenereRomanzo
Sottogenereflusso di coscienza
Lingua originaleinglese
AmbientazioneSkye (Isole Ebridi)

Gita al faro, tradotto anche come Al Faro, titolo che rispetta maggiormente l'originale To the Lighthouse,[1][2] è un romanzo della scrittrice britannica Virginia Woolf, pubblicato nel 1927.
Il romanzo è centrato sulla famiglia Ramsay e le loro visite all'isola di Skye in Scozia tra il 1910 e il 1920. Seguendo e ampliando la tradizione del romanzo modernista, la trama ha un'importanza secondaria rispetto all'introspezione psicologica dei personaggi. Esemplare per la tecnica di focalizzazione multipla, il romanzo contiene pochi dialoghi e quasi nessuna azione: la maggior parte del testo accoglie pensieri e osservazioni.

La vita della famiglia Ramsay, che vive in una casa estiva vicino alla costa rocciosa della Scozia, viene rappresentata in tre potenti momenti. Vi sono la materna Signora Ramsay, l'intellettuale Signor Ramsay, i loro otto figli e i loro ospiti assortiti. Partendo dalla banale posposizione della visita al vicino faro, Woolf indaga le tensioni e i ruoli che s'instaurano all'interno della famiglia, con le sue piccole gioie e le ordinarie frustrazioni e tragedie della vita quotidiana. Il romanzo esibisce le emozioni dell'infanzia ed evidenzia le relazioni tra adulti. I temi della perdita, della soggettività, la natura dell'arte e il problema della percezione sono argomenti fondamentali.

Virginia Woolf, in una lettera del 27 maggio 1927, confessò all'amico Roger Fry:

«Non volevo dire niente col Faro. Si deve avere una linea centrale nel libro per tenere insieme il disegno. Ho visto che tutti i generi di sentimenti sarebbero maturati in questo, ma mi sono rifiutata di pensarci e mi sono fidata che le persone ne avrebbero fatto il deposito per le proprie emozioni - cosa che hanno fatto, una persona pensando che significasse una cosa un'altra un'altra. Non riesco a gestire il Simbolismo se non in questo modo vago e generico[3]»

  1. ^ Secondo Nadia Fusini, anglista e traduttrice del testo della Woolf, il "to" del titolo non è una preposizione di moto a luogo, bensì prelude a un dativo che indica un'offerta, un dono, e dunque si tratta di una dedica al Faro, "perché già nel titolo in piena luce trasparisse l'istanza modernista della scrittura woolfiana". Nadia Fusini, Che cosa ci fa Holden in un campo di segale?, in il venerdì, 6 agosto 2021, p. 94.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore dativo
  3. ^ "I meant nothing by The Lighthouse. One has to have a central line down the middle of the book to hold the design together. I saw that all sorts of feelings would accrue to this, but I refused to think them out, and trusted that people would make it the deposit for their own emotions – which they have done, one thinking it means one thing another another. I can’t manage Symbolism except in this vague, generalized way". (EN) Virginia Woolf, To the Lighthouse, Penguin, 2000. Introduzione (di Hermione Lee)

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