La graphḗ paranómōn (in greco antico: γραφή παρανόμων?, "scrittura delle cose illecite") era un istituto giuridico la cui entrata in vigore ad Atene comportò una grave limitazione all'isegoria, la libertà di espressione in assemblea.
Secondo questo istituto, il cittadino che avesse proposto in assemblea qualcosa in contrasto con il diritto tradizionale poteva subire pene assai gravi, compreso l'esilio decennale. Questo comportò una grave limitazione alla libertà di espressione in assemblea. A differenza dell'ostracismo, la graphē paranómōn aveva come presupposto un comportamento considerato come una colpa, mentre l'ostracismo aveva un eminente connotazione di giudizio e scrutinio politico, indipendente da una condotta colpevole (tale connotazione politica del giudizio di ostracismo emerge chiaramente dal fatto che la condanna non richiedeva e non comportava un'accusa penale).
L'istituto della graphē paranómōn si prestava a evidenti abusi e, soprattutto, a un effetto dissuasivo della libertà di espressione e il suo diffondersi coincise con la decadenza della democrazia greca.[1][2]