Guerra romano-persiana del 602-628 parte delle Guerre romano-sasanidi (363-628) | |||
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Data | 602 - 628 | ||
Luogo | Egitto, Anatolia, Siria, Armenia, Mesopotamia, Persia | ||
Casus belli | Deposizione di Maurizio del 602 | ||
Esito | Vittoria pirrica bizantina | ||
Modifiche territoriali | Nessuna | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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La guerra romano-persiana del 602-628, conosciuta anche come guerra romano-sasanide del 602-628, fu combattuta tra l'Impero romano d'Oriente (comunemente chiamato e noto come Impero bizantino, da Bisanzio, l'antico nome della sua capitale) e la Persia della dinastia dei Sasanidi. La guerra precedente si era conclusa nel 591 in seguito all'intervento militare di Maurizio contro l'usurpatore sasanide Bahram Chobin per restaurare il re legittimo sasanide Cosroe II sul trono. Nel 602, Maurizio fu assassinato da una rivolta dell'esercito che elesse imperatore Foca. L'assassinio del suo benefattore fornì a Cosroe il pretesto di dichiarare guerra a Foca, con la giustificazione di dover vendicare l'assassinio di Maurizio. La guerra durò ben tre decenni e arrivò a coinvolgere gran parte del Medio Oriente, oltre alla Tracia: le zone interessate furono in particolare l'Egitto, il Levante, la Mesopotamia, il Caucaso, l'Anatolia, e persino i dintorni di Costantinopoli stessa videro l'imperversare della battaglia.
Se nella prima fase del conflitto (dal 602 al 622) i Persiani conseguirono importanti successi, occupando senza incontrare grandi difficoltà Siria, Palestina, Egitto, e pure alcune regioni dell'Anatolia, l'ascesa al trono bizantino di Eraclio, nel 610, ribaltò le sorti della guerra e alla fine portò alla sconfitta persiana, nonostante i successi iniziali di Cosroe II. Le campagne di Eraclio, condotte direttamente in territorio persiano dal 622 al 626, alterarono l'equilibrio, costringendo i Persiani sulla difensiva e permettendo ai Bizantini di riguadagnare terreno. Una volta alleatisi con gli Avari, rivali balcanici di Bisanzio, i Persiani fecero un ultimo tentativo di espugnare Costantinopoli nel 626 per costringere alla resa i Romei, ma fallirono nell'impresa. La vittoriosa campagna finale di Eraclio in Assiria nell'inverno del 627/628 obbligò i Persiani, dunque, a implorare una pace: in questo modo i Bizantini ottennero la restituzione dei territori occupati dai Persiani nei primi due decenni del conflitto, oltre che la restituzione della reliquia della Vera Croce.
Il lungo e logorante conflitto tuttavia indebolì entrambi i contendenti, portando all'esaurimento delle loro risorse umane e materiali. Conseguentemente, ambedue le potenze belligeranti divennero vulnerabili all'ascesa improvvisa del Califfato dei Rashidun (retto da Arabi musulmani), i cui eserciti invasero entrambi gli imperi solo alcuni anni dopo la fine dello scontro. Gli eserciti califfali musulmani, approfittando del momento di debolezza dei due imperi, rapidamente conquistarono l'intero impero sasanide e privarono l'Impero romano d'Oriente dei suoi territori in Siria e Palestina, nel Caucaso, in Egitto e in Nord Africa, riducendo significativamente l'estensione di quest'ultimo.