L'han (한?, 恨?, HanLR, HanMR, pronunciato ha̠ːn) è un concetto utilizzato per riferirsi a una forma di dolore o oppressione che secondo alcuni sarebbe un elemento essenziale dell'identità coreana, mentre per altri un'identità di origine moderna e post-coloniale.
La cultura dell'han non esisteva in epoca pre-moderna,[1] e le sue prime espressioni evidenti sono avvenute agli inizi del XX secolo.[2] La sua associazione con l'identità coreana risale al periodo dell'occupazione giapponese della Corea a causa degli stereotipi coloniali e dalla caratterizzazione dell'arte e della cultura coreane come qualcosa di "doloroso" da parte del critico e filosofo giapponese Sōetsu Yanagi.[3][4][5][6] L'han è stato adottato come caratteristica intrinsecamente coreana durante il XX secolo, come effetto della sua propagazione operata dagli accademici,[4] delle circostanze della storia moderna della Corea[5] e della propaganda di una solidarietà etnico-nazionale attraverso un senso di "sofferenza condivisa".[7]
In epoca moderna, l'han è collegato alla perdita dell'identità collettiva a causa della continua divisione della Corea, ed è comunemente associato alle famiglie separate dalla guerra di Corea, venendo apparentemente ereditato dalle giovani generazioni crescendo in un Paese diviso.[1] È espresso in molteplici aspetti della cultura coreana moderna, come il cinema e il pansori contemporaneo.[8]
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