Inibitore della monoamino ossidasi

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Gli inibitori delle monoamino ossidasi, noti anche con l'acronimo I-MAO oppure MAO-I (dall'inglese monoamine oxidase inhibitor), sono una classe di farmaci in grado di ridurre o bloccare l'attività delle monoamino ossidasi, gli enzimi che metabolizzano per via ossidativa le monoammine.

Delle monoammine fanno parte numerose sostanze endogene come alcuni neurotrasmettitori (come la serotonina e le catecolamine adrenalina, noradrenalina, melatonina, dopamina) e composti esogeni (come la tiramina e alcuni farmaci). L'inibizione della degradazione dei neurotrasmettitori, importanti nella regolazione del tono dell'umore, ne comporta un loro aumento nel sistema nervoso centrale: questo meccanismo è alla base dell'effetto antidepressivo ed ansiolitico degli IMAO.

Gli inibitori non selettivi delle isoforme A e B o i selettivi per la sola forma A delle monoammino ossidasi sono ad oggi utilizzati come antidepressivi ed ansiolitici, specie per le forme resistenti al trattamento con farmaci di prima linea, dove mostrano un’efficacia elevata.[1] Gli inibitori della sola isoforma B sono invece utilizzati nelle fasi iniziali del morbo di Parkinson.

Nel trattamento della depressione e di altri disturbi psichiatrici, pur presentando una efficacia e tollerabilità spesso superiore a quella di classi di farmaci più recenti, gli IMAO irreversibili non sono indicati come trattamento farmacologico di prima linea a causa delle potenzialmente gravi interazioni farmacologiche ed alimentari che richiedono ad esempio una dieta con cibi privi di tiramina.[2] Per ovviare a questi limiti, recentemente sono stati sviluppati gli IMAO reversibili.[3]

  1. ^ Atypical Depression in the 21st Century: Diagnostic and Treatment Issues | Psychiatric Times, su web.archive.org, 2 dicembre 2013. URL consultato il 24 aprile 2023 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2013).
  2. ^ H. P. Volz, C. H. Gleiter e H. J. Möller, [Monoamine oxidase inhibitors in psychiatry. Status of current knowledge], in Der Nervenarzt, vol. 67, n. 5, maggio 1996, pp. 339–347. URL consultato il 19 giugno 2017.
  3. ^ (EN) Geoffrey K. Isbister, L. P. Hackett e Andrew H. Dawson, Moclobemide poisoning: toxicokinetics and occurrence of serotonin toxicity: Moclobemide poisoning, in British Journal of Clinical Pharmacology, vol. 56, n. 4, 2003-10, pp. 441–450, DOI:10.1046/j.1365-2125.2003.01895.x. URL consultato il 24 aprile 2023.

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