1.492 tra carri, APC, trasporti SAM e altri veicoli distrutti o danneggiati, 350 depositi di munizioni e 535 postazioni SAM distrutti, vari aerei distrutti o danneggiati, 412 centri di comando distrutti, numero di soldati uccisi o feriti sconosciuto (fonti NATO del 29 aprile 2011)[19]
8 navi da guerra affondate nei porti di Tripoli (5), Zuara (2), Homs (1)
~ 1.108 uccisi e 4.500 feriti tra i civili (come riferito dal Ministero della Salute libico il 13 luglio 2011)[20]
Le cifre del Min. della Salute libico non sono state confermate da altre fonti.[21] Fonti militari USA hanno dichiarato di non sapere l'esatto numero delle perdite civili.[22] 223-403 morti di civili (secondo Airwars).[23]
L'intervento fu inaugurato dalla Francia con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri di Gheddafi attorno a Bengasi[24], attacco seguito, qualche ora più tardi, dal lancio di missili da crociera tipo "Tomahawk" da navi militari statunitensi e britanniche su obiettivi strategici in tutta la Libia.
Gli attacchi, inizialmente portati avanti autonomamente dai vari Paesi che intendevano far rispettare il divieto di sorvolo, furono unificati il 25 marzo sotto l'operazione Unified Protector a guida NATO. La coalizione, composta inizialmente da Belgio, Canada, Danimarca, Italia, Francia, Norvegia, Qatar, Spagna, Regno Unito e USA, s'espanse nel tempo fino a comprendere 19 stati, tutti impegnati nel blocco navale delle acque libiche o nel far rispettare la zona d'interdizione al volo. I combattimenti sul suolo libico tra il Consiglio nazionale di transizione e le forze di Gheddafi cessarono nell'ottobre 2011 in seguito alla morte del Ra'is. Conseguentemente, la NATO cessò ogni operazione il 31 ottobre.
I vari paesi hanno assegnato alle proprie missioni nomi differenti: Odyssey Dawn gli Stati Uniti d'America, la Danimarca, la Norvegia e l'Italia, Ellamy il Regno Unito, Mobile il Canada, Freedom Falcon il Belgio[25] e Harmattan la Francia.[26]