L'apprendista stregone (ballata)

L'apprendista stregone
Titolo originaleDer Zauberlehrling
Illustrazione di Ferdinand Barth dall'edizione di Der Zauberlehrling di Goethe del 1882
AutoreJohann Wolfgang von Goethe
1ª ed. originale1797
Genereballata
Lingua originaletedesco

L'apprendista stregone (in tedesco Der Zauberlehrling) è una ballata composta nel 1797 da Wolfgang Goethe, ispirata a un episodio del Φιλοψευδής (Philopseudḗs, ovvero "l'amante del falso") di Luciano di Samosata.[1]

Dall'opera letteraria, il compositore francese Paul Dukas ricavò l'impianto del suo poema sinfonico L'apprendista stregone. Alla storia si sono ispirate diverse opere successive, la più famosa delle quali è un episodio del film d'animazione Disney Fantasia (1940) con protagonista Topolino.

La ballata di Goethe racconta di uno stregone che si assenta dal suo studio, raccomandando al giovane apprendista di fare le pulizie. Quest'ultimo si serve di un incantesimo del maestro per dare vita a una scopa affinché compia il lavoro al posto suo. La scopa continua a rovesciare acqua sul pavimento, come le è stato ordinato, fino ad allagare le stanze: quando si rende conto di non conoscere la parola magica per porre fine all'incantesimo, l'apprendista spezza la scopa in due con l'accetta, col solo risultato di raddoppiarla, perché entrambi i tronconi della scopa continuano il lavoro. Solo il ritorno del maestro stregone rimedierà al disastro.

La morale della ballata è chiara: meglio non cominciare qualcosa che non si sa come finire.

L'espressione è diventata proverbiale anche in italiano. Nel lessico letterario e giornalistico, l'apprendista stregone è una persona irresponsabile che applica metodi o tecniche che non è in grado di padroneggiare, col rischio di provocare danni irreversibili per tutta la collettività. La figura dell'apprendista stregone si può inoltre considerare anticipatrice di quella dello scienziato pazzo, personaggio tipo della narrativa e del cinema popolare nel Novecento.

  1. ^ Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Firenze, Felice Le Monnier, vol. 3, pagg. 74-75.

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