Leggi (dialogo)

Leggi
Titolo originaleΝόμοι
Altri titoliSulla legislazione
Ritratto di Platone
AutorePlatone
1ª ed. originaleIV secolo a.C.
Generedialogo
Sottogenerefilosofico
Lingua originalegreco antico
PersonaggiAteniese, Clinia, Megillo
SerieDialoghi platonici, IX tetralogia
Seguito daEpinomide

Leggi (in greco Νόμοι) è il titolo dell'ultima e più lunga opera di Platone. Rimasta incompiuta, fu pubblicata postuma dal discepolo Filippo di Opunte, che la divise in dodici libri e ne aggiunse uno finale, l'Epinomide.[1]

In questo dialogo, in cui non compare più il personaggio di Socrate, Platone allarga la propria prospettiva dalla singola città all'ordine divino presente nel cosmo, del quale l'ordine politico è solo una parte più piccola e subordinata. Inoltre, viene generalmente riconosciuto alle Leggi il tentativo di proporre un modello politico più aderente alla realtà. Secondo il filosofo, è di fondamentale importanza evitare il conflitto tra le classi sociali, e proprio a questo fine hanno un ruolo fondamentale le leggi di uno Stato. Esse hanno una duplice funzione:

  • costrittiva, cioè prescrivono quale debba essere la condotta migliore per un buon cittadino;
  • educativa, cioè educano i giovani che saranno i cittadini futuri.

Platone sostiene che vadano istituite anche sanzioni, che devono essere viste come uno strumento atto a correggere gli errori commessi dall'individuo. Le leggi sono intese come esplicitazione dell'intelligenza, rendendo manifesta la continuità con quanto affermato nei dialoghi della vecchiaia (in particolare nel Parmenide, nel Teeteto e nel Sofista).[2] D'altra parte, però, la preminenza della legge sull'attività del politico allontana le Leggi dalle tesi esposte nella Repubblica e nel Politico: mentre nella produzione precedente il politico era sopra la legge, nel suo ultimo dialogo Platone lo pone come custode delle norme e dell'ordinamento giudiziario.

  1. ^ Diogene Laerzio III 37.
  2. ^ F. Adorno, Introduzione a Platone, Bari 1978, p. 217.

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