Marbury v. Madison Marbury contro Madison | |
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Tribunale | Corte suprema degli Stati Uniti d'America |
Caso | 5 U.S. (1 Cranch) 137 (1803) |
Data | 11 febbraio 1803 |
Sentenza | 24 febbraio 1803 |
Giudici | John Marshall (Presidente della Corte) Alfred Moore · Bushrod Washington · Samuel Chase · William Cushing · William Paterson (giudice) (Giudici associati)[N 1] |
Opinione del caso | |
La Sezione 13 del "Judiciary Act" del 1789 è incostituzionale perché pretende di ampliare la giurisdizione originale della Corte suprema oltre quella consentita dalla Costituzione. Il Congresso non può approvare leggi contrarie alla Costituzione ed è compito della magistratura interpretare ciò che la Costituzione consente. | |
Leggi applicate | |
Articolo I della Costituzione degli Stati Uniti d'America, 1789. Articolo III della Costituzione degli Stati Uniti d'America, 1789. §13, in Judiciary Act, 1789. |
Marbury contro Madison fu un caso storico della Corte suprema degli Stati Uniti d'America che ha stabilito il principio del controllo di legittimità costituzionale (o "revisione giudiziaria"; judicial review) negli Stati Uniti, il che significa che i tribunali statunitensi hanno il potere di annullare leggi e statuti che ritengono violare la Costituzione degli Stati Uniti d'America. Deciso nel 1803, Marbury contro Madison è considerata la singola decisione più importante nel diritto costituzionale statunitense.[1]
L'importante decisione della Corte ha stabilito che la Costituzione degli Stati Uniti è una «legge reale», non solo una dichiarazione di principi e ideali politici, e ha contribuito a definire il confine tra i rami del potere esecutivo e del potere giudiziario nella separazione dei poteri.
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