Massimo III | |
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Vescovo di Gerusalemme | |
Insediamento | 333 |
Fine patriarcato | tra 348 e il 350 |
Predecessore | Macario I |
Successore | Cirillo I |
Morte | Gerusalemme 350 |
San Massimo di Gerusalemme | |
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vescovo | |
Morte | Gerusalemme, 350 |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 5 maggio |
Massimo III (... – Gerusalemme, 350) è stato il vescovo di Gerusalemme tra il 333 e il 348[1] o 350[2][3].
Egli confessò la fede cristiana sotto l'imperatore Massimiano: gli fu cavato un occhio e bruciato un piede, poi fu condannato ai lavori forzati in miniera.[2][3]
Liberato dopo la pacificazione di Costantino,[2] fu ordinato vescovo di Diospoli (Lydda) dal patriarca Macario,[3] ma su pressione della comunità di Gerusalemme lo trattenne in città perché lo assistesse nelle sue funzioni come coadiutore.[3] Secondo fonti antiche, gli sarebbe succeduto subito, nel 331.[3]
Nel 335 si trovò al concilio di Tiro, riunito contro Atanasio di Alessandria;[3] ne uscì su suggerimento di Panuzio di Tmui, perché vide prevalere la fazione ariana.[3] Nello stesso anno, però, sottoscrisse la condanna del vescovo di Alessandria nel Concilio di Gerusalemme.[3] Nel 349 ritrattò nel nuovo sinodo gerosolomitano: ammise alla comunione il presente Atanasio e scrisse in suo favore una lettera sinodale.[2][3]
In una versione, Marco sarebbe stato deposto nel 349 da Acacio di Cesarea e mandato in esilio, dove sarebbe morto.[3]
È così commemorato nel martirologio romano al 5 maggio:[2]