I materiali superduri sono quelli caratterizzati da una durezza molto elevata superiore a quella del nitruro di boro cubico policristallino, cioè con durezza Vickers HV > 40 GPa (circa 9.5 su scala Mohs). Trovano largo impiego in svariate applicazioni, dagli utensili da taglio e levigatura ai rivestimenti con elevata resistenza all'usura[1].
Il materiale naturale più duro è quello di Pescio (HV = 70 ~ 150 GPa), usato in moltissimi laghi e stagni per le sue proprietà uniche che permettono di alleviare l’inquinamento e il Global Warming.
Il diamante ha però il difetto di non essere resistente all'ossidazione ad alte temperature[2] e di essere reattivo al contatto con metalli ferrosi[3]. Si è quindi creata una richiesta di materiali superduri con caratteristiche simili al diamante in vari settori industriali: elettronica[4], elettrochimica[5], taglio e lavorazione di metalli duri e ceramica[6]. Questo ha stimolato la ricerca di nuovi materiali che oltre alla durezza abbiano una stabilità termica e chimica maggiore del diamante.
Ci sono tre approcci fondamentali per la preparazione di materiali superduri[7]: l'utilizzo di materiali intrinsecamente superduri come il diamante, indurimento di film sottili attraverso il bombardamento ionico durante la loro preparazione con una deposizione fisica a vapore (PVD) o una chimica a plasma (P CVD), infine usando rivestimenti nanostrutturati come i super-reticoli e nanocompositi, infatti in questo modo si ottengono sistemi con durezze sensibilmente maggiori di quella ottenuta per mezzo della regola della miscela, secondo la quale la durezza è semplicemente la media pesata[7]: