La mutilazione era un comune metodo di punizione per i criminali nell'Impero bizantino, ma aveva anche un ruolo nella vita politica dell'impero[1]. Alcune deturpazioni praticate presentavano anche una logica pratica secondaria. Accecando un rivale, non solo lo si limitava nella sua mobilità, ma gli si rendeva quasi impossibile condurre un esercito in battaglia, quindi un aspetto importante per il controllo dell'impero. La castrazione era anche utilizzata per eliminare potenziali avversari. Nell'impero bizantino, un uomo castrato non era più un uomo, ma un mezzo morto, una "vita che era per metà morte"[2]. La castrazione eliminava anche ogni possibilità che eventuali eredi potessero minacciare l'imperatore o i suoi eredi al trono. Altre mutilazioni erano il taglio del naso (rinotomia) o l'amputazione degli arti.