La nanofiltrazione (NF) è un processo di separazione a membrana utilizzata per il trattamento di liquidi (tra cui l'acqua) con una bassa percentuale di solidi sospesi. Viene utilizzata in operazioni di addolcimento (rimozione di cationi polivalenti) e in altre applicazioni che riguardano il trattamento delle acque reflue.[1][2]. La metodica della nanofiltrazione si differenzia dagli altri tipi di separazione a membrana dal diametro nominale dei pori presenti nel mezzo filtrante, che in genere vanno da 10−7 a 10−9 metri. Le membrane nanofiltranti (NF) compongono la quarta classe di membrane pressure-driven, dopo le membrane microfiltranti, ultrafiltranti e per osmosi inversa. Hanno un molecular weight cut-off (MWCO) che va dai 200 ai 1000 Dalton, che corrisponde a porosità delle dimensioni di circa 0,5 – 2 nm. Nella maggior parte dei casi, queste membrane sono cariche negativamente in ambienti alcalini o neutri, mentre sono cariche positivamente in ambienti acidi. I tre meccanismi dominanti il funzionamento delle membrane NF sono l’ingombro sterico, l’esclusione elettrostatica e l’esclusione dielettrica.[3]
Le membrane sono costituite da diversi elementi chiamati “moduli”, “vessels” o “stacks” a seconda del tipo di sistema e delle applicazioni, e possono avere diverse geometrie: fogli piatti, fibre capillari, fibre vuote, tubi, spirali etc. La forma della membrana determina la sua densità di impaccamento, ovvero quanta superficie può essere allocata in un determinato volume: al crescere della densità di impaccamento, diminuisce lo spazio all’interno del modulo per altre funzioni come, ad esempio, l’allontanamento dei materiali respinti dalla membrana, con conseguente rischio di sporcamento (fouling).[3]
Il rendimento di una membrana viene definito attraverso la sua efficienza di rigetto:
dove è la concentrazione del permeato, mentre è la concentrazione del flusso in ingresso alla membrana.[3][4]