L'Olocausto in Lituania comportò la decimazione pressoché totale degli ebrei lituani (Litvaks) e polacchi,[nota 1] residenti nel Generalbezirk Litauen, la suddivisione amministrativa interna al Reichskommissariat Ostland creato dai tedeschi durante i tre anni di occupazione del Paese baltico (1941-1944). Dei circa 220.000[1]-250.000 cittadini[2] ebrei che popolavano la Lituania prima della seconda guerra mondiale, ne furono uccisi 190.000–195.000, la maggior parte dei quali tra giugno e dicembre 1941. Più del 95% della popolazione ebraica della Lituania perse la vita durante l'occupazione, una percentuale di gran lunga superiore a qualsiasi altro paese interessato dalla Shoah.[3][4][5] Gli storici ritengono che ad influenzare il dato fu la massiccia collaborazione nel genocidio dei paramilitari locali non ebrei, sebbene le ragioni di questa collaborazione siano ancora oggetto di dibattito.[6][7][8][9] Mai tante vittime si erano registrate in un così breve arco temporale nella storia della Lituania.[9] L'avanzata tedesca nelle regioni occidentali dell'URSS, compresa la Lituania, avvenne di pari passo con un forte radicamento dell'antisemitismo.[10][11][12][nota 2]
La propaganda nazista cavalcò il mito del bolscevismo ebraico, una ricostruzione secondo la quale la Lituania era stata precedentemente occupata dall'Armata Rossa a causa dello stretto legame tra ebrei e sovietici. Un altro elemento che permise la realizzazione di uno sterminio su vasta scala si deve all'ingente meccanismo messo in atto dai nazisti in termini di manodopera, logistica, propaganda e coordinamento con i simpatizzanti lituani.[8][13]
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