Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde[1][N 1] (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900) è stato uno scrittore irlandese oltre che drammaturgo, giornalista, saggista, e critico letterario dell'età vittoriana, esponente del decadentismo e dell'estetismo britannico.
Autore dalla scrittura apparentemente semplice e spontanea, ma sostanzialmente molto raffinata e incline alla ricerca del bon mot (della "battuta" di spirito), con uno stile talora sferzante e impertinente egli voleva risvegliare l'attenzione dei suoi lettori e invitarli alla riflessione.[N 2] È noto soprattutto per l'uso frequente di aforismi e paradossi, per i quali è tuttora spesso citato.[N 3]
Nato da famiglia irlandese, trasferitosi poi in Inghilterra, l'episodio più notevole della sua vita, di cui si trova ampia traccia nelle cronache del tempo,[N 4] fu il processo e la condanna a due anni di lavori forzati per «gross public indecency», come era definita l'omosessualità dalla legge penale che codificava le regole, anche morali, riguardanti la sessualità.[2] Wilde, già sposato, perse inoltre la possibilità di vedere i due figli. Dovette abbandonare la Gran Bretagna per l'Europa continentale; morì in Francia per meningoencefalite, dopo essersi convertito in punto di morte alla religione cattolica, a cui da tempo si sentiva più vicino.
Le sue opere, tra le quali – in particolare – i suoi testi teatrali, sono considerate dai critici dei capolavori del teatro dell'Ottocento.[3][N 5]
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