Col nome di Padri del deserto si indicano quei monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo, dopo la pace costantiniana, abbandonarono le città per vivere in solitudine nei deserti d'Egitto, di Palestina, di Siria, sull'esempio di Gesù che trascorse quaranta giorni nel deserto per vincere le tentazioni del diavolo con il digiuno, la preghiera e la Parola di Dio, come raccontato nei Vangeli sinottici (Matteo 4,1-11, Marco 1,12-13 e Luca 4,1-13).
Tra i primi anacoreti egiziani si può ricordare Antonio il Grande.
Nell'ascesi solitaria, i Padri (abba) e le Madri (amma) del deserto cercavano la via dell'hésychia, la pace interiore. Testimoni di una fede cristiana vissuta con radicalità, ebbero numerosi discepoli e i loro detti o apoftegmi, in cui traspaiono sapienza evangelica e arguzia umana, furono raccolti e tradotti in varie lingue, dando vita al genere letterario dei Pateriká.
Accanto alla Vita di Antonio, scritta dal vescovo Atanasio di Alessandria, e alla Storia lausiaca di Palladio di Galazia, le varie raccolte di Apoftegmi restano le fonti più importanti per accostarsi alla spiritualità di questi asceti. Gli stessi Padri del deserto hanno lasciato un buon numero di scritti, tra cui si possono ricordare le lettere di Antonio e le lettere di Ammona, gli scritti ascetici e teologici di Evagrio Pontico e le regole di Pacomio e i suoi successori.