Pandemia di COVID-19 in Thailandia epidemia | |
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Mappa dei casi confermati su 100.000 residenti di ogni provincia | |
Patologia | COVID-19 |
Origine | Wuhan (Cina) |
Nazione coinvolta | Thailandia |
Periodo | 13 gennaio 2020 - 5 maggio 2023 |
Dati statistici[1] | |
Numero di casi | 4 732 301[2][3] (5 maggio 2023) |
Numero di guariti | 4 692 636[3] (5 maggio 2023) |
Numero di morti | 33 957[3] (5 maggio 2023) |
Sito istituzionale | |
Il primo caso della pandemia di COVID-19 in Thailandia venne confermato il 13 gennaio 2020, divenendo così la prima nazione a confermare un caso di positività al di fuori della Cina.[4] Al 1º gennaio 2023, sono stati confermati in totale 4 721 808 contagiati da inizio pandemia, dei quali 33 594 deceduti e 4 649 509 guariti.[3]
Nel gennaio 2020, i controlli tra i viaggiatori in arrivo in Thailandia rilevarono un esiguo numero di casi, la maggior parte dei quali riguardavano viaggiatori che avevano fatto ritorno dalla Cina. Il primo caso di trasmissione locale venne confermato il 31 gennaio 2020.[5] Il numero di positivi non incrementò di molto nemmeno durante il mese di febbraio, con soli quaranta confermati alla fine del mese. Nel periodo successivo vi fu lo scoppio di alcuni focolai, il più grande dei quali fu quello identificato durante gli incontri di muay thai allo stadio Lumpinee di Bangkok il 6 marzo,[6] il numero dei casi crebbe più velocemente durante il mese di marzo al ritmo di circa 100 casi al giorno e, di conseguenza, luoghi pubblici e negozi furono chiusi a Bangkok e in altre province thailandesi.[7] Il primo ministro Prayut Chan-o-cha dichiarò lo stato di emergenza, in vigore dal 26 marzo,[8] così come un coprifuoco a partire dal 3 aprile.[9] Tutti i voli commerciali internazionali furono sospesi e vennero attuate misure per il lockdown in vari gradi in tutto il Paese. Il numero dei casi giornalieri diminuì gradualmente durante il mese di aprile e a metà maggio il tasso di contagio locale era prossimo allo zero, il che portò ad un graduale allentamento delle misure restrittive.[10][11]
Dopo 6 mesi nei quali i contagi furono pochi, la situazione si fece improvvisamente preoccupante verso fine dicembre quando furono scoperti diversi nuovi focolai tra cui il più serio fu quello del mercato del pesce di Samut Sakhon, dove furono contagiati soprattutto gli immigrati birmani che lavoravano al mercato.[12][13][14] L'aumento dei casi fu rapido, si passò dal totale di 4 331 contagiati del 19 dicembre ai 10 547 dell'11 gennaio 2021.[3] La situazione si normalizzò a inizio febbraio, nel periodo successivo il numero giornaliero dei nuovi contagi superò solo una volta le 250 unità[3] e verso fine mese fu dato il via alla campagna di vaccinazione. A inizio aprile ebbe inizio una nuova e lunga ondata di COVID-19, con nuovi record giornalieri di nuovi casi; la più colpita fu Bangkok, ma in quasi tutte le province si registrò un aumento dei contagi e il governo prese nuove misure restrittive.[15][16] Secondo i dati diffusi dal governo, tra l'11 aprile e il 20 dicembre 2021 vi furono 2 161 428 nuovi contagi e 21 311 morti per COVID-19, contro i 28 863 casi e 94 morti da inizio pandemia a fine marzo 2021. A partire da settembre vi era stato un lento ma costante miglioramento della situazione.[3]
All'inizio del dicembre 2021, la situazione fu la migliore degli ultimi mesi ma una nuova ondata ebbe inizio ai primi di gennaio 2022, poco dopo che era stato scoperto il primo caso di variante Omicron in Thailandia.[17] Nel corso di questa nuova ondata vi fu un tasso di infezioni più alto che nell'ondata precedente, mentre il tasso di mortalità fu più che dimezzato. Raggiunse il picco ai primi di aprile e la situazione tornò in un paio di mesi ai livelli del dicembre 2021, nel giro di 5 mesi si registrarono più di 2,2 milioni di casi e più di 9 000 decessi.[3]
Le risposte del governo thailandese nei confronti dell'epidemia si basarono inizialmente solo sulla sorveglianza e sul tracciamento dei contatti che avevano avuto i positivi confermati, in conformità con il modello a tre fasi proposto dal Ministero della Sanità pubblica thailandese. Agli aeroporti internazionali, così come agli ospedali dove vi erano pazienti con anamnesi di viaggio o di contatti con positivi, iniziarono ad essere eseguiti controlli della temperatura e screening dei sintomi.[18] Vennero fatte anche delle indagini relative allo scoppio dei focolai. Il governo ha cercato di educare la popolazione sull'auto-monitoraggio, l'importanza dell'igiene e, in particolare, della pulizia delle mani e dell'importanza di evitare assembramenti in pubblico (o di indossare una mascherina ove gli assembramenti fossero inevitabili).[19] Mentre i residenti di ritorno da zone ad alto rischio vennero esortati a porsi in quarantena fiduciaria, le restrizioni di viaggio non vennero annunciate fino al 5 marzo 2020, quando quattro Paesi vennero considerati "zone infette" e i viaggiatori posti obbligatoriamente in quarantena, mentre coloro che ritornavano da altre zone ad alto rischio vennero posti sotto osservazione.[20] Ulteriori misure, quali certificazione medica attestante un normale stato di salute e assicurazione sanitaria obbligatoria per gli stranieri in arrivo negli aeroporti internazionali, vennero annunciate il 19 marzo 2020.[21][22] Nell'aprile 2020 furono soppressi tutti i voli di linea da e verso l'estero.[23]
Il governo fu fortemente criticato per le misure iniziali attuate in risposta alla crisi sanitaria. All'inizio del febbraio 2020, in risposta alle preoccupazioni riguardanti l'acquisto smisurato e l'aumento smodato dei prezzi delle mascherine, il governo dispose il controllo sui prezzi e sulla distribuzione delle stesse.[24] Nonostante ciò, il controllo non fu efficace e vi furono forti carenze di mascherine soprattutto negli ospedali.[25][26][27] Le critiche furono mosse anche contro le restrizioni dei viaggi internazionali e le misure di quarantena, attuate in maniera tardiva e non annunciate a sufficienza. Non mancarono casi in cui annunci da parte del governo furono immediatamente contraddetti da altre unità governative oppure totalmente cambiati.[28][29] La repentina chiusura delle attività a Bangkok portò decine di migliaia di lavoratori a fare ritorno nelle loro città natale, aumentando il rischio di diffusione del virus e mettendo in evidenza l'inefficacia delle misure attuate dal governo.[30] Molte problematiche furono parzialmente risolte con il "Centre for COVID-19 Situation Administration (CCSA)", istituito per fronteggiare la crisi durante lo stato di emergenza, il cui portavoce Taweesin Visanuyothin fu incaricato di gestire e diffondere le comunicazioni ufficiali.[31] Ulteriori aspre critiche e manifestazioni di protesta furono rivolte contro il governo per la fallimentare campagna di vaccinazione,[32] cominciata poco prima della grande ondata di infezioni che colpì il paese nell'aprile 2021,[23] le quantità di vaccini furono largamente insufficienti e anche le misure alternative adottate ebbero scarso successo.[33]
La pandemia ha pesantemente colpito l'economia thailandese, composta principalmente da un settore turistico particolarmente forte. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che il PIL thailandese si ridurrà del 6,7% durante il 2020, un decremento sostanziale rispetto alle previsioni iniziali che vedevano una riduzione del 2,5%.[34] Il governo annunciò diverse misure di assistenza economica, tra le quali aiuti monetari promessi nel periodo iniziale della pandemia per coloro colpiti direttamente dalla COVID-19 e incentivi pari a 1,9 trilioni di baht (circa 60 miliardi di dollari statunitensi), sebbene poche siano state le persone che abbiano realmente giovato di questi sussidi.[35]
Il 5 maggio 2023, l'Organizzazione mondiale della sanità dichiara ufficialmente la fine della pandemia[36][37][38][39][40].