Park Geun-hye 박근혜 朴槿惠 | |
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11º Presidente della Corea del Sud | |
Durata mandato | 25 febbraio 2013 – 10 marzo 2017 |
Capo del governo | Chung Hong-won Lee Wan-koo Choi Kyoung-hwan (ad interim) Hwang Kyo-ahn |
Predecessore | Lee Myung-bak |
Successore | Hwang Kyo-ahn (ad interim) |
Leader del Partito Saenuri | |
Durata mandato | 23 marzo 2004 – 10 luglio 2006 |
Predecessore | Choe Byeong-ryeol |
Successore | Kang Jae-sup |
Durata mandato | 17 dicembre 2011 – 15 maggio 2012 |
Predecessore | Hong Jun-pyo |
Successore | Hwang Woo-yea |
Membro dell'Assemblea nazionale per Dalseong | |
Durata mandato | 30 maggio 2012 – 10 dicembre 2012 |
Predecessore | Kim Suk-won |
Successore | Lee Jong-jin |
Dati generali | |
Partito politico | Indipendente (dal 2017) In precedenza: Partito Saenuri (fino al 2017) |
Università | Sogang University (B.S.) Università di Grenoble |
Firma | ![]() |
Park Geun-hye[1] (AFI: [pak‿k͈ɯn.hje]; Daegu, 2 febbraio 1952) è una politica sudcoreana, presidente della Corea del Sud dal 2013 al 2017, prima donna nella storia del paese a ricoprire questo incarico.
È la figlia di Park Chung-hee, presidente e dittatore della Corea del Sud salito al potere con un colpo di Stato nel 1961 e rimasto in carica fino al suo assassinio nel 1979.[2]
Park Geun-Hye è stata presidente del Grande Partito Nazionale, di stampo conservatore, tra il 2004 e il 2006 e tra il 2011 e 2012 quando il partito aveva cambiato nome in Saenuri. È stata membro dell'Assemblea nazionale sudcoreana dal 1998 al 2012.
Nel novembre 2016, centinaia di migliaia di sudcoreani sfilano per le strade chiedendo le sue dimissioni, a seguito di uno scandalo di corruzione, considerandola sotto l'influenza della sua confidente Choi Soon-Sil. I suoi poteri sono sospesi da un voto dell'Assemblea nazionale nel dicembre 2016, una decisione confermata nel marzo 2017 dalla Corte costituzionale, che ne ha pronunciato il licenziamento.
Arrestata e incarcerata poche settimane dopo il suo licenziamento, è stata condannata l'anno successivo a una pena complessiva di 32 anni di reclusione per, tra l'altro, abuso di potere, corruzione, coercizione e appropriazione indebita. Viene graziata dal presidente Moon Jae-in nel 2021.