Pauline Boty (Londra, 6 marzo 1938 – Londra, 1º luglio 1966) è stata una pittrice e attrice britannica, una delle pioniere del movimento pop art londinese degli anni sessanta del Novecento.[1][2][3][4]
Laureatasi nel 1961 al Royal College of Art, allora uno dei focolai della pop art, dove conobbe Peter Blake e si formò con David Hockney, Derek Boshier e Peter Phillips, oltre a realizzare quadri e collage, alcuni dei quali esposti nella prima mostra collettiva di Pop Art presso l'AIA Gallery di Londra, scrisse poesie, fu scenografa, modella, attrice teatrale; lesse Genet, Proust e de Beauvoir, nutrì un forte interesse per il cinema europeo, divenne attivista dell'Anti-Ugly Action, un movimento di protesta contro la nuova architettura britannica, fu uno dei soggetti del documentario di Ken Russell Pop Goes The Easel e condusse come presentatrice radiofonica uno dei primi programmi di critica musicale e artistica della BBC.[5][6][7]
Morta tragicamente nel 1966 all'età di soli ventotto anni, venne dimenticata per diversi decenni e riscoperta solo negli anni novanta.[8] Nel 1993 le venne dedicata una personale all'Art Gallery di Londra e nello stesso anno alcune sue opere vennero esposte alla collettiva The Sixties Art Scene at London al Barbican. Un'altra personale si svolse nel 1998 alla Whitford Fine Art e alla The Mayor Gallery di Londra, cui fece seguito, nel 2013, l'importante retrospettiva, Pauline Boty: Pop Artist and Woman, alla Wolverhampton Art Gallery, preceduta e seguita da numerosi studi critici e biografici dedicati all'artista.[9][10][11]
L'originalità delle sue opere viene riposta nella celebrazione allegra e disinibita della sessualità femminile, come in 5-4-3-2-1[12] e nei suoi caratteristici dipinti-collage dedicati a icone come Marilyn Monroe e a idoli maschili, come Jean-Paul Belmondo, interpretati come simbolo del desiderio femminile,[13] o alla revisione dell'immagine della show girl dello scandalo Profumo Christine Keeler.[14] La sua produzione artistica politicamente orientata, la sua esplorazione della femminilità e degli atteggiamenti verso i corpi femminili, la critica alla natura del "mondo maschile" espressa nel dittico It's a Man's World I e II[15] che rappresenta "l'asimmetria della rappresentazione visiva dei generi", hanno contribuito a restituire una lettura diversa della pop art, quasi esclusivamente conosciuta attraverso artisti appartenenti all'altro sesso.[16][17]
Nel marzo 2024 uno dei suoi dipinti, Epitaph to Something’s Gotta Give (1962), un tributo a Marilyn Monroe, è stato venduto da Christie’s alla cifra di 1.310.500 sterline.[18]