La dottrina della predestinazione, nella sua generalità, è una dottrina molto antica e la compiuta formulazione nel mondo antico è stata data dagli Stoici. Già i tragici greci prevedevano che gli uomini fossero soggetti a un fato scritto dagli dèi, a cui in filosofia corrispondevano dottrine della predestinazione (ad esempio, implicitamente, in Parmenide e Senofane). In particolare gli Stoici teorizzavano il fato come il destino ineluttabile scritto dagli dèi o meglio dal logos. Il logos per il panteismo stoico è la ragione divina del cosmo nella sua globalità, concernente anche ogni singolo uomo.
Nel cristianesimo Paolo di Tarso ha fatto dell'idea di predestinazione un punto di forza del suo pensiero e, al suo seguito, anche teologi come Agostino di Ippona, Giovanni Calvino, e Karl Barth hanno costruito la loro dottrina poggiando sulla stessa idea. D'altra parte le posizioni teologiche di questi autori hanno suscitato un buon numero di controversie lungo la storia: Pelagio nella chiesa antica e John Wesley nel XVIII secolo rappresentano due esempi di teologi che non davano spazio alcuno a questa categoria. La differenza di convinzioni su questa dottrina è continuata fino al presente.
Si può in genere affermare che la dottrina della predestinazione comporta un aspetto più ampio ed uno più ristretto.
Punto focale delle discussioni su questo tema è come si rapportino la volontà di Dio e la finalità del suo disegno con la libertà dell'uomo, il quale, a dire della Scrittura, è chiamato alla salvezza secondo due dimensioni: personale (ossia individuale) e collettiva (facendo parte di un popolo e di una famiglia umana).